Salvaguardia in laguna ecco cosa non va.
In quale altra parte del mondo Venezia non sarebbe percepita come l'opportunità
che il cielo avrebbe elargito per poter senza grandi preoccupazioni ricavarne
da vivere? Vivere in modo pulito, in un ambiente meraviglioso, a contatto con
il meglio che l'umanità ha saputo creare, antico tanto da potersi ancora meravigliare
che sì, questa città era stata costruita e saputa mantenere proprio bene. Questo
era quanto si poteva pensare e affermare senz'altro ai primi anni del '900 per
poi, senza rendersi conto di quanto stava succedendo, doversi interrogare su
molte cose. Quale prospettiva, avendo preso atto dei danni che si stavano arrecando,
era mai stata disegnata? Forse la prospettiva era stata individuata già da parecchio
tempo ma non è mai stata apertamente dichiarata, è stato un manovrare sottobanco
per lasciare che, complice una crisi non solo economica, venisse ridotta e poi
azzerata la possibilità e la voglia di elaborare aggiornate strategie per una
nuova economia strutturata, forte delle migliori tradizioni e competenze che
ancora Marghera avrebbe saputo esprimere. E così, ponendo ostacoli di ogni genere,
si è lasciato andare un patrimonio di saperi che sarebbero una garanzia per
ogni nuova attività riconducibile alla tanto invocata "economia reale" che però
richiederebbe un'imprenditoria che sapesse affrontare il mercato senza avvantaggiarsi
nei loro programmi industriali delle compiacenze in passato a loro riservate.
Ma nel mentre scrivo queste righe, si scopre da un articolo della "Nuova Venezia"
di accordi tra il porto di Trieste e quello di Venezia: tra le righe si scopre
che da tempo si stavano mettendo le basi per regolamentare i traffici anche
con altri porti dell'opposta riva dell'alto Adriatico, il tutto per rinforzare
la posizione nei confronti della creazione dei cosiddetti corridoi strategici,
alias autostrade del mare. Ora, che si debbano trovare punti di convergenza
per essere più competitivi e per poter programmare investimenti e strutture
va benissimo, non bene, ma sono problematiche che avrebbero dovuto essere il
pane quotidiano per la nostra comunità non solo per gli addetti ai lavori. E
quando sento i sindacati che si preoccupano dei destini di Marghera, vuol dire
che erano all'oscuro pure loro oppure sapevano ma hanno taciuto. La cosa vale
per tutte le istituzioni, ad ogni livello. Navi commerciali a Venezia ne arriveranno
ben poche, quelle destinate al porto industriale senza industrie idem, e questo
spiega bene il perchè si voglia dar corso ai programmi di scavo di nuovi canali
per facilitare il transito delle grandi navi in laguna. Quanto al porto off
shore, quale terminal dei container beh... è una favola per tirare avanti: i
container andranno tutti nel porto di Monfalcone, al quale manca poco per essere
terminato. A proposito dell'uso della laguna contro ogni regola anche non scritta
che dovrebbe garantirne il mantenimento ottimale, pensate quanto ancor più incideranno
i nuovi scavi nell'intimo sentire dei pescatori, appassionati di nautica, tassisti,
trasportatori e frequentatori in genere della laguna, nel sentirsi assolutamente
innocenti quando abuseranno dei loro mezzi. Fanno quello che vogliono, non potranno
non pensare, cosa faccio in fondo io? Parafrasando il titolo di un bel libro
uscito in questi giorni (una Repubblica senza patria) c'è da chiedersi quando
mai potrà esserci una Patria con questa Repubblica. Meglio allora il certo non
disprezzabile turismo di massa compreso quello riguardante le crociere. Attenzione
però, mica esiste la certezza che sempre debba essere tutto semplice e assicurato.
Una non prevedibile anche modesta crisi mediterranea potrebbe mettere in crisi
il mercato turistico. Quanto alla presunta tranquillità occupazionale e reddituale
degli occupati, pensino che non essendo il loro un mestiere che richieda particolari
ostacoli per ottenere la professionalità necessaria saranno sempre, specialmente
in periodi difficili, oggetto di pressioni di vario genere. Una economia non
può essere monotematica, deve essere formata da vari comparti per poter garantire
a seconda dei momenti un travaso occupazionale in grado di evitare traumi sociali
gravi. Se consideriamo che Venezia, a parte il settore pubblico, in pratica
è abitata ormai dai soli addetti legati al turismo, immaginate cosa potrebbe
succedere nel caso che... Ormai questa città può essere considerata alla stregua
di uno stabilimento che non sapendosi adeguare ai tempi con progetti e innovazioni
a lungo respiro, avrà un triste declino. C'è un solo elemento che non la accomuna
a uno stabilimento; in quest'ultimo ci sono per legge tutta una serie di presidi,
regole e organizzazioni che vigilano e intervengono affinchè vengano rispettate
le normative, sulla laguna sono le istituzioni e i controllori a proporre e
autorizzare quanto viene richiesto da poteri economici che forti del dichiararsi
difensori del lavoro e protettori delle genti badano principalmente a sfruttare
il più possibile la gallina dalle uova d'oro. E perchè tutto rimanga com'è,
ecco la cortina fumogena di progetti a mio avviso non solo inutili, ma pure
dannosi. Sono 15 anni che ho elaborato un "piano per la salvaguardia globale
di Venezia e della sua laguna" che prevede lo spostamento del porto fuori in
mare davanti al litorale di Santa Maria del Mare/Pellestrina per tutte le navi
che ora solcano la laguna collegandosi con tunnel alla terraferma, e ora una
soluzione provvisoria non invasiva alternativa al passaggio delle grandi navi
a San Marco. Credete che qualcuno abbia ascoltato le mie proposte che darebbero
una risposta ai problemi?