Opere dannose meglio il buonsenso.
Supponiamo per un istante che non disponendo Venezia di un sistema portuale tale per potersi rivolgere alle navi da crociera quale scalo di riferimento, si decidesse di intraprenderne la sua esecuzione. Di cosa potrebbe soffrire si penserebbe, colui che indicasse per lo scopo lo scavo di un canale dalle dimensioni che conosciamo dietro San Giorgio e la Giudecca per arrivare alla attuale Marittima. Ma sono convinto che nessuno avrebbe l'ardire di indicare una tale soluzione. Però oggi, affermando di voler "rimediare" ai danni creatisi e in nome di una malintesa e forzata supremazia dell'economia, si arriva a tale estremo. Evidentemente molti non hanno ancora la consapevolezza delle conseguenze che potrebbero creare opere delle quali nessuno sarà mai in grado di conoscerne l'evoluzione, magari con danni maggiori di quelli ai quali si vorrebbe porre rimedio. Vero anche che esiste in città una scuola di pensiero pronta ad applaudire a tutto, per interesse diretto o invitati a farlo, pur sapendo di non poter poi rimediare ad opere che non ubbidiscono all'imperativo di dover essere sperimentali, modulabili e reversibili. Lo afferma la legge speciale per Venezia, lo suggerisce il buon senso! Inoltre non si tiene in debito e doveroso conto, che l'obiettivo costante di ogni proposta nuova o correttiva "deve" tenere sempre ben presente di limitare quanto più possibile la velocità e la quantità dello scambio d'acqua tra mare e laguna. La soluzione del canale dietro la Giudecca non farebbe che aumentare il tirante d'acqua, dal momento che avremmo una sua configurazione proprio in dirittura con il canale di di San Nicolò, senza perciò poter contare sulla grande volta verso il bacino di San Marco che in qualche misura lo mitiga. Si dirà che tale variante è da preferire in quanto consentirebbe di scaricare le masse d'acqua in entrata e in uscita verso luoghi meno significativi, il che mi porta a pensare alla gioia di un condannato alla fucilazione al quale si offre la benda sugli occhi. Pensare poi di arginare tale canale comporterebbe difficoltà alla navigazione per la maggior velocità della corrente. Si propone quale ulteriore opera mitigatrice il voler riversare parte dei fanghi di risulta dello scavo nel bacino di San Marco. Due le considerazioni a tale proposito. Non serve a far diminuire la capienza lagunare in quanto scavo e interrimento si annullerebbero a vicenda mentre non sarà possibile usare i fanghi nel canale di San Nicolò per le necessità della navigazione. Torno con ciò a ripetere quale dovrà essere l'obiettivo forse più importante da me indicato per la salvaguardia della laguna e di Venezia: la riduzione delle bocche di porto con il sollevamento parziale delle paratoie del Mose, la creazione di opere dissipatrici fra le dighe foranee e l'interrimento parziale del canale di San Nicolò e del bacino di San Marco. Quanto indico sarebbe possibile in breve tempo utilizzando la sola bocca di porto di Malamocco, dividendo il traffico con modalità già indicate, facendo arrivare tutte le navi da crociera in Marittima dopo aver percorso il canale dei Petroli e virando nel canale Vittorio Emanuele. Cosa del resto già successa in occasione della festa del Redentore per la presenza del Ponte votivo! Da considerare che sfociando il nuovo canale nella laguna centrale proprio sopra vento a Venezia, con lo scirocco tipico nelle condizioni delle acque alte, non ci sarà altro da aspettarci, con livelli di marea sostenuta ma non tali da azionare il Mose, che una bella spanna d'acqua in più e più spesso di come già successo altre volte.

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