Allargare il canale dei petroli non significa mettere in pericolo la laguna , ma il contrario. La proposta.
L’appassionato intervento nell’edizione della“Nuova” del 25 Gennaio del Presidente dell’Associazione Vela al Terzo, Giorgio Righetti, mi offre l’occasione per puntualizzare e chiarire alcuni aspetti sull’argomento dello scavo di nuovi canali in laguna. Avendo presentato da vent’anni concrete ipotesi progettuali per la salvaguardia di Venezia, offro da tempo il mio contributo per mantenere un’economia legata alle attività marittime, ritenendo necessarie ora più che mai soluzioni equilibrate che possano consentire tali attività arrecando i minori danni possibili alla città e alla laguna. Proprio l’intervento di Righetti, mette in evidenza ancor più la confusione che regna tra quanti in buona fede hanno a cuore il problema dello scavo di nuovi canali. Nell’immaginario collettivo, si è sedimentata la convinzione che scavare o adeguare canali in laguna sia la stessa cosa per quelli minori interessati dal traffico locale, che per i grandi canali di navigazione interessati dal traffico navale. Ma nel mentre per i canali interni lagunari, chiamiamoli minori, devono valere considerazioni in merito alle loro variabili necessità ed al tipo di traffico per i quali, in ambito comunale, verrà decisa la loro dimensione e percorso, per i canali di grande navigazione, soggetti ad Autorità Ministeriali, le cose stanno diversamente. Superati gli ottant’anni, io non ho ricordo di una laguna centrale tanto dissimile da come la vedo oggi. È vero che è sorto il canale dei petroli, che sono aumentate le soglie di accesso alle bocche di porto, che la percorrenza delle grosse navi ha sollevato grandi quantità di fanghi favorendone l’uscita in mare, ma si è trattato di interventi che hanno interessato una parte minoritaria di laguna, quella adiacente e inclusa nel percorso del canale dei petroli, nella quale il processo di antropizzazione è stato inevitabile e non ancora concluso. Riportare la laguna alle condizioni di cento anni fa, quando cioè lo sviluppo dell’economia moderna raggiunse anche Venezia, è possibile secondo me, solo con l’eliminazione delle attività marittime al suo interno, trasferendole in un nuovo porto polivalente in mare aperto davanti a Pellestrina, collegandolo alla viabilità ordinaria della terraferma con tunnel. Se è questo che si vuole non è necessario far altro che aspettare. Verrà da se! Sono convinto che con appropriate misure sia possibile non solo il mantenimento, ma pure il miglioramento dello stato attuale dell’ambiente lagunare. Ormai le soglie d’accesso alle bocche di porto non sono più modificabili, la massa idrica che entra nessuno la può ridurre, resta il problema canale dei petroli, del quale è possibile limitarne i danni aumentandone la sezione. Consentitemi di spiegare: tutti sappiamo che un canale navigabile, specialmente tra bassi fondali, quanto più è stretto in rapporto alle navi che lo percorrono, tanto più ne soffre. Questa non è un’opinione; Perciò o lo si allarga, o si riducono le dimensioni delle navi. Lasciarlo stretto in rapporto alla massa idrica non farà che aumentare la velocità della medesima e più danni farà. Mantenendo invece la maggior massa idrica di quanta in arrivo dalla bocca di Malamocco in un canale più capiente, potremo dirigerla facilmente in un bacino d’espansione più ampio dell’attuale: Il bacino idrico di Lido.Tutto ciò agevolato dal canale Tresse Nuovo e dai canali diffusori di marea oltre il ponte della Libertà.

Gino Gersich
autore di proposte su Salvaguardia e grandi navi.

<< Indietro