Sunto del
Piano per la salvaguardia globale di Venezia e della sua Laguna

di Gino Gersich
Via Julia 21 - 30013 Cavallino Treporti (VE)
Tel. 333-9052807

Impegnarsi in un compito così arduo, oggetto da sempre di studi ed opere atte a rendere il contesto lagunare protezione e prosieguo della città al servizio degli abitanti, certo lascia alquanto intimoriti. Ma se molte delle opere, in particolare nell’ultimo secolo, sono state affrontate senza le dovute cautele, è ben vero che l’uomo di oggi deve saper trovare gli equilibri necessari all’oggi, senza ipotecare il futuro. E a quanti ora si chiedono a quali equilibri passati ci si debba riferire per salvare Venezia e la sua laguna, si dovrà far notare che sempre le naturali evoluzioni morfologiche che mano a mano si creavano, sono state guidate per andare incontro alle esigenze dell’epoca e che di conseguenza gli equilibri sono dovuti essere sempre quelli necessari a far convivere al meglio la città e le sue molteplici esigenze, con l’ambiente naturale circostante.

È evidente che attualmente gli equilibri non ci sono.

La civiltà attuale, che niente e nessuno avrebbe potuto e voluto lasciare fuori da Venezia, sta dimostrando limiti in molti casi compromettenti. Perciò, come nel passato, il nuovo che si dovrà necessariamente progettare e proporre per la salvezza di Venezia, dovrà essere qualificato, proporzionato e rapportato ad una convivenza armonica fra uomo e natura. E qualora avremo la ragionevole certezza di poter raggiungere il risultato prefissato, non dovremo intimorirci, così come non lo fu nel passato, di eseguire le opere necessarie che l’attuale progresso tecnologico ci consente.

Ed è con questo spirito che mi accingo ad illustrare il sunto aggiornato del mio “ Piano per la Salvaguardia globale di Venezia e della sua Laguna”.

E sarà salvezza non solo fisica per l’unicità architettonica, non solo ambientale per l’unicità del connubio magico creato e mantenuto dall’uomo, ma anche e forse principalmente per difendere e trasmettere l’etica che ha permesso il formarsi di un capitale civile senza uguali e la quale salvezza ha la facoltà non solo di far conoscere la sua storia passata, ma di porsi come condizione per contribuire efficacemente a tracciare nuove regole per la salvezza della nuova società che avanza. E allora, lasciandoci guidare dal processo di conciliazione con l’ambiente e la natura che ormai un po’ dovunque si sta affermando, ci sentiamo di affermare di aver dato col presente piano un contributo per raggiungere lo scopo.

Perciò, premesso che Venezia e la sua laguna formano un tutt’uno, si deve aggiungere che tale deve essere e rimanere necessariamente.

Oltre al mantenimento di un ambiente tra i più rari e belli, alla città, qualora si perseguisse nel solo tentativo pur primario e indispensabile di salvare le pietre, verrebbe a mancare l’essenza stessa dei suoi cittadini, predisposti diremmo geneticamente, a gestire e vivere compiutamente loro soli il patrimonio ereditario. Infatti se già molti veneziani, preferendo le pietre più comode della terraferma, hanno dato e continueranno a dare segni di insofferenza, quali saranno i cittadini che potranno gestire la città con l’anima ed il corpo che solo un natio ne è dotato?

Perciò dovremo dare quanto più possibile vivibilità alla città, ma non dovremo mai mortificare lo spirito del veneziano col farlo sentire un cittadino che potrebbe vivere benissimo altrove. Di conseguenza ben vengano i cosiddetti “interventi diffusi" quali l'apertura parziale, modulabile e gestita, all'espansione di marea delle valli da pesca, il rialzamento più possibile compatibile del suolo cittadino ove consentito, spostamento modulabile e gestito del fluire nella laguna dei maggiori corsi d’acqua, il recupero ecologico degli scarichi industriali e agricoli, il modellamento e scavo dei canali in particolare dei periferici, la riduzione delle bocche di porto.

E qui, in quest’ultima misura, la più importante e utile al raggiungimento di moderare le alte maree, si scontra la necessità opposta delle attività portuali che reclamano per la loro sopravvivenza almeno lo status quo e il mio piano, proprio in questo, indica una soluzione.

Soluzione che consiste nello spostare il porto commerciale e passeggeri fuori dalla laguna, in mare aperto nel litorale prospiciente S M. del Mare / S. Pietro in Volta, Pellestrina.

Da questa località un tunnel autostradale e una metropolitana percorreranno la laguna sotto il fondo in un tracciato similmente parallelo al canale dei petroli, fino al porto di S. Leonardo, biforcandosi il solo tunnel per località Lugo a congiungersi con la statale 309 “Romea “. L’altra direzione, tunnel e metropolitana compresa, nel cuore di Marghera, attraverso Fusina e poi S. Giuliano. Da queste due località, già proposte ad essere i terminal per eccellenza alternativi a P.le Roma, unica ed intasata porta stradale di accesso alla città, la metropolitana si diramerà con collegamenti per Venezia a Marittima/Zattere e Fondamenta Nuove/Arsenale. La metropolitana raggiungerebbe poi l’aeroporto Marco Polo, mentre il tunnel continuerebbe andando a collegarsi con la statale 14 “Triestina”.

Sono evidenti i benefici che si otterrebbero nella movimentazione di flussi sempre maggiori di passeggeri che verrebbero tolti all’attuale congestionata area stradale di superficie.

Un oleodotto (soluzione già da tempo invocata) provvederà all’inoltro dei prodotti petroliferi dal nuovo porto a mare alla terraferma.

È chiaro che riflessioni per quanto riguarda il porto industriale ne dovranno ben essere fatte. Prima fra tutte, la valutazione che si vorrà dare al progetto di adeguamento della attuale zona industriale di Marghera, che dall’utilizzo delle banchine a ridosso della produzione è posta attualmente in condizioni ottimali per operare.

C’è da dire comunque che nel dibattito in corso viene posta in evidenza da più parti la necessità di una profonda riconversione industriale( in parte già avviata ) che privilegiando produzioni più pulite,più avanzate e con più valore aggiunto, non solo sarebbe in grado di aumentare l’occupazione attirando nuovi capitali, ma richiederebbe minori approvvigionamenti ingombranti e pericolosi. I quali, laddove potessero essere forniti da naviglio compatibile con la profondità che si vorrà mantenere per il solo canalporto di Malamocco potranno tranquillamente continuare.

E se pure la soglia di accesso alla suddetta bocca dovesse essere insufficiente al passaggio di navi dal pescaggio superiore,con la conca di navigazione il problema sarà risolto. Anzi, proprio le soglie ridotte di accesso alle bocche di porto, unitamente ad una serie di opere dissipative delle correnti così come indicate nel mio piano, saranno determinanti per mitigare notevolmente lo scambio delle maree tra laguna e mare aperto.

Un problema potrà essere costituito dai maggiori costi che si incontreranno qualora si dovrà provvedere al carico/ scarico da navi non compatibili con l’entrata in laguna ( anche dalla conca di navigazione) e che dovranno essere allibate con chiatte traghetto. Maggior costo compensato da minori spese dovute ad una logistica priva dei tanti ostacoli futuri dovuti al rallentamento delle attività a causa delle chiusure delle bocche di porto per alta marea. Ma una soluzione a tale problema esiste: si tratta di formare dei convogli ferroviari e utilizzare la tratta metropolitana Porto a mare/ Marghera opportunamente calibrata, nelle ore notturne quando poco frequentata.

Un altro aspetto positivo consiste nel fatto che dati i lunghi tempi necessari al completamento del nuovo porto, ci sarà stato tutto il tempo per ammortizzare le strutture ora in funzione nell’attuale porto che continuerà a lavorare senza impedimenti fino al trasferimento. Certo non sarà il solo esempio al mondo di grande riconversione industriale che per restare al passo con i tempi avrà saputo guardare lontano, ma nel contesto ambientale e urbano di Venezia sarebbe di riferimento a quanti si stanno ponendo interrogativi sulla qualità della vita e sulla difesa di valori irrinunciabili.

E allora quanto finora illustrato ci porterà a concludere che oltre a realizzare una portualità nuova, moderna, modulabile secondo necessità future, ci consentirà oltre alla riduzione delle bocche di porto, di eseguire l’interramento a misura ottimale graduabile dei grandi canali interni lagunari, la quale eccessiva profondità ed ampiezza sono ora le cause principali delle forti correnti marine che si stanno portando via la laguna intesa come tale facendola diventare un braccio di mare.

La notevole riduzione della capienza d’acqua così ottenibile sarà la condizione, unitamente al disinquinamento degli apporti della gronda lagunare, del maggior ricambio e conseguente vitalizzazione apportata dal succedersi delle maree. Infatti una minor quantità d’acqua in laguna alla fine di ogni marea calante, significherà un maggior ricambio con l’altra successiva marea crescente.

Per contro figuriamoci cosa avverrà con la situazione attuale qualora si andrà a chiudere frequentemente le parotoie mobili ( all’uopo costruite ) negli anni a venire. È un circolo vizioso, si deve interrompere la dipendenza della Salvaguardia di Venezia dalla necessità di avere i vantaggi del porto. Possono e devono coesistere senza intralciarsi a vicenda.

Prima di passare alla problematica seguente che potremmo definire integrante allo sviluppo armonico non solo della città insulare ma essenziale al raggiungimento della formazione della città metropolitana, dove minimizzati gli ostacoli si potranno intrecciare liberamente interessi e prospettive di una comunità che pur nella sua diversità potrà trovare nel segno di Venezia una identità forte e stimolante, vorrei concludere quanto fin qui esaminato in una valutazione generale. Hanno voluto o dovuto i nostri avi costruire Venezia all’interno di una laguna dove le maree si espandevano e si ritiravano dolcemente fra sinuosi ghebi1, girando attorno a velme2 e barene3. Se avessero voluto o dovuto costruire Venezia a contatto con il mare aperto pensate davvero che l’avrebbero fatta così com’è? Lasciatemelo dire con forza, da veneziano che ancora con non molti altri vive spesso in intimità a contatto con la laguna nella sua barca e che a 70 anni, avendola potuta vedere com’era sostanzialmente sempre stata e come si è evoluta, che tutte le soluzioni per la salvaguardia della città che si vorranno far passare senza uno speciale riguardo ad un ripristino morfologico compatibile, adeguato e adeguabile, saranno destinate al fallimento. Per un istante provate ad immaginare Venezia tutta, con le sue isole, senza l’acqua. Vedreste tutto intorno a Lei un susseguirsi di baratri e alla sommità delle pareti a precipizio quel gioiello unico ed irripetibile in pericolo di essere inghiottito. Di quale futuro volete che ci si possa occupare, di quali prospettive ci si possa immaginare, di quale ruolo volerle dare a questa cara Venezia se non viene prima salvata!

Certo che impegnarsi nel risolvere la questione porto e sapere di avere alle spalle una situazione viaria al limite del collasso, sicuramente non in grado di ricevere i maggiori movimenti che la nuova portualità sarà in grado di sviluppare, è mortificante. In un’ottica che veda integrarsi in modo ottimale salvaguardia di Venezia e rilancio portuale, la soluzione che propongo nel voler principalmente raccogliere il traffico pesante di transito, vede un passante autostradale che allacciato ad est di Padova con le autostrade A13 e A4 prosegua in direzione Vigonovo/Camponogara fino al congiungimento con la SS. 309 “Romea”in località Lugo. A questo punto, il collegamento con il tunnel proveniente dal nuovo porto consentirà ai traffici ivi diretti ed a quelli diretti a Marghera di smistarsi avendo raggiunto la loro meta, mentre i rimanenti proseguendo per Fusina, San Giuliano, aeroporto Marco Polo, andrebbero a congiungersi con la SS. 14 “Triestina”. Basterà poi uno svincolo in superficie con la bretella dell’aeroporto Marco Polo per collegarsi alla A 4 ed alla A 27e di conseguenza con la costruenda A28. Se immaginiamo pure in funzione la “ Pedemontana “ in progetto, si formerebbe un formidabile anello di congiunzione in modo che tutti i traffici Est/Ovest e Sud/Nord andrebbero ad integrarsi in una vasta zona, deputata per vocazione e posizione a raccogliere i benefici commerciali ed industriali derivanti, senza pesare in modo eccessivo nella qualità della vita delle vicine città.

In sintesi, dato per scontato che il sistema di controllo delle maree con le parotoie mobili “Mose” si deve ormai considerare opera irrevocabile, è evidente che al medesimo spetterà la “messa in sicurezza“ dalle acque alte eccezionali e dagli scenari futuri più pessimisti, mentre quanto indico per risolvere i problemi portuali e di salvaguardia della città e della sua laguna, non si troverebbe assolutamente in contrasto con la citata opera in costruzione. Tutto ciò premesso ognuno può porgersi la seguente domanda: immaginando realizzato il mio piano si potrà affermare che il paese tutto e Venezia in particolare ne avrà a soffrire oppure potrà averne dei benefici?

Una considerazione semplice mi preme fare prima di arrivare alla conclusione: il problema costi! Sono certo rilevanti, ma con un grosso vantaggio rispetto ad altri progetti. La quasi totalità delle opere previste sono realizzabili in finanza di progetto. E per concludere, pur essendo il presente “ Sunto del…..” una veloce presentazione dei problemi e delle soluzioni del “Piano per la Salvaguardi globale di Venezia e della sua Laguna” sono ben cosciente che una volta aperto un serio confronto senza cieche preclusioni sul medesimo, non potranno mancare i suggerimenti, le varianti ed i miglioramenti per indicare la strada più breve e sicura alla salvezza di Venezia, della sua laguna e delle sue attività, per prepararla, nel terzo millennio, quale città illuminata che avrà saputo come nessun’altra al mondo, coniugare sicurezza, benessere, cultura e vivibilità a misura umana a vantaggio dei suoi cittadini per i quali alla fin fine si deve lottare e senza i quali sarebbe mancato e mancherebbe lo spirito della stessa città.


1ghebi: canali interni lagunari poco profondi

2velme: elevazioni melmose del fondo sotto o sopra il filo d’acqua in ragione delle maree

3barene: elevazioni melmose consolidate emergenti dal fondo

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