Interessato alla salvaguardia di Venezia e buon conoscitore della sua laguna, oltre venti anni or sono ho redatto un piano, del quale ne ho conseguito la proprietà intellettuale quale opera d’ingegno, che ho provveduto a far conoscere indicandolo come possibile alternativa al progetto Mose.
Con il suddetto Mose in fase di ultimazione è venuto alla luce tutto ciò che sappiamo, che mi ha confermato la giustezza delle critiche che unitamente ad altri ebbi a sollevare, ma più ancora la bontà oggettiva delle mie soluzioni alternative. Le critiche che all’epoca furono fatte dai molti contrari al progetto Mose, erano dovute principalmente allo scetticismo sul congegno scelto per ottenere la separazione della laguna dal mare, senza che nessuno si fosse mai chiesto se non sarebbe stato meglio una soluzione congegnata in modo che potesse essere integrata, sostituita o modificata, una volta che il tempo e/o le circostanze l’avessero richiesto, affidandosi nell’attesa a soluzioni transitorie equilibrate.
La inadeguatezza del progetto Mose era apparsa evidente fin dalla sua nascita. Che le previsioni climatiche siano peggiorate negli ultimi tempi più del previsto nessuno lo può negare, ma già con gli elementi di allora, c’era da chiedersi se ci fosse una logica vincolare le esigenze del porto alla salvaguardia di Venezia per la quale si era voluto il Mose.
Ed infatti oltre ad aver visto emergere alcune inadeguatezze del congegno Mose, che tutti ovviamente ci auguriamo vadano risolte, oggi risulta chiaro che è stata una pazzia aver voluto chiudere il mare fuori di casa, senza prevederne le conseguenze, o meglio senza averle volute considerare a sufficienza.
Queste le premesse che oggi come allora ritengo debbano essere evidenziate per riproporre, certamente con degli aggiornamenti, soluzioni che oltre alla messa in sicurezza della città e della sua laguna, ne consentano le attività portuali che le sono state peculiari fin dalla sua nascita.
Con un po’ di orgoglio sento di poter affermare che ancor oggi il mio piano è congegnato in modo tale da potersi adattare alle ipotesi minacciose che incombono non solo su Venezia, senza che in attesa nulla vada disperso, potendo con interventi sostenibili, far proseguire con maggior livello di sicurezza le attuali attività.
Interventi che tra l’altro saranno determinanti nel contesto ambientale lagunare anche in caso si volesse o si dovesse porre fine alle attività portuali al suo interno.
Aspetti che a tutt’oggi neanche sono stati presi in considerazione nel dibattito in corso, che si limita a cambiare i fattori in gioco senza indicare prospettive risolutive diverse.
In realtà quanto viene proposto, oltre a risolvere ben poco, concorre a creare non pochi ostacoli.
Uno per tutti, si vada a chiedere ai dirigenti del polo industriale di Marghera , cosa pensano sull’ipotesi di trasferire alcune grandi navi crociera all’interno del distretto produttivo, quali che fossero le modalità e le banchine per la loro sistemazione.
Venezia rappresenta, a mio avviso, tutte le incertezze che attanagliano tutta la comunità, facendo percepire che non solo per il suo bene ci si confronta, bensì per ottenere vantaggi pur legittimi, che sarebbe bene andassero dopo una valutazione obbiettiva.
Volendo esaminare il problema grandi navi crociera, poche o molte che saranno dopo l’esperienza covid 19 che metterà una grossa ipoteca sui programmi prossimi futuri, non si può fare a meno di ipotizzare la loro eventuale esclusione da Venezia. Infatti non reputo saggio, a causa di dette navi mettere in grave difficoltà il traffico commerciale che vale in termini economici ed occupazionali molto di più. Inoltre c’è da considerare che le attività portuali commerciali, certo con strutture opportunamente adeguate e aggiornate, saranno elementi strategici determinanti in un mondo che dovrà vedersela con l’innalzamento dei livelli marini.
Dei piaceri delle crociere, così come sono stati mitizzati da interessate operazioni di marketing, è molto probabile ci si dovrà moderare, ritenendo comunque che quale meta turistica e culturale ben al di sopra di molte altre, per Venezia ci possa essere la ragionevole speranza di mantenere il proprio ruolo. Altra buona ragione per rimanere l’hub portuale dell’alto Adriatico.
Obbiettivo a cui sarà difficile nel medio periodo poter contare con le attuali strutture portuali collocate all’interno della laguna. Il mio piano è nato non solo per salvare Venezia e la sua laguna, per il quale scopo non è da escludere si debba un giorno doverla proteggere dalle acque con una cinta decidendo se abbracciare l’intera laguna seguendone il perimetro, oppure limitarsi alla sola città storica, ma fornire la prospettiva di un nuovo porto polifunzionale in mare aperto.
Realizzare il porto in mare aperto che ho prospettato sin da quando mi occupo della salvaguardia di Venezia, consentirebbe ovviamente di escludere i traffici navali dalla laguna, salvo modeste deroghe attraverso la conca di navigazione di Malamocco, consentendo un vero recupero ambientale, potendo contare sull’utilizzo dei fanghi puliti e compatti ricavabili dallo scavo dei tunnel per collegare il porto in mare con la terraferma.
Senza tali fanghi sarà ben difficile disporre dei milioni di metri cubi necessari a riempire le fosse presenti alle imboccature di porto e ridurre notevolmente i canali navigabili che da tali bocche si diramano in laguna, oltre a tutto il resto con il fine di ostacolare di molto il transito della marea. Finalità da raggiungere nel tempo ad ogni costo per ottenere minore quantità d’acqua in laguna con ridotti scambi idrici con il mare.
Mettendo in tal modo al sicuro Venezia ed il suo ambiente lagunare, si renderebbe possibile mirare ad un porto moderno ed efficiente, che le darebbe la possibilità di ulteriore sviluppo nel futuro.
In caso estremo sarebbe pure possibile pianificare una diversa strategia per il porto di Venezia, vero è che da anni sono in corso manovre per spostare tutto nella regione Friuli Venezia Giulia.
Località che già più volte ha manifestato l’intenzione di voler dividere con Venezia i traffici dell’alto Adriatico, tenendo per loro le direttrici del Nord Est europeo e lasciando a Venezia le direttrici dei traffici verso il centro nord europeo.
In un mio intervento di tempo addietro, pubblicato sulla stampa cittadina, ho già avuto modo di esaminare la questione, proprio mettendo in evidenza i vantaggi di una tale collaborazione, dal momento che le peculiarità di entrambi i poli marittimi si verrebbero in tal modo ad integrare.
Ma senza dimenticarsi che l’apporto di Venezia, dove esiste una struttura logistica e produttiva con un entroterra quale Marghera già collegata a tutta quella parte dell’Italia industrializzata, dovrà ben essere tenuta in ulteriore considerazione per designarla quale Hub principale dell’alto Adriatico.
Ma la partita più interessante per il ruolo di Venezia dovrebbe essere principalmente giocata sul fronte di dare dimostrazione di una possibile evoluzione culturale per essere esempio in tutto il mondo. Si deve dimostrare che è possibile, avendo potuto vedere il fondo di uno sviluppo che si credeva irrefrenabile, crearne uno di nuovo compatibile con l’avvenire dell’uomo. Io penso che in poche altre parti del mondo convivano così vicini due mondi contrastanti come a Venezia.
Storia, arte, cultura e ambiente accanto ad un centro industriale e ad una cultura turistica senza regole stanno mettendo in rilievo il dovere di occuparsene con rispetto ed intelligenza.
E usando rispetto ed intelligenza sono fermamente convinto che potranno coesistere in modo compatibile ambiente e sviluppo. Riprendendo il filo conduttore da cui sono sempre stato guidato nel proporre soluzioni in tal senso, non posso fare a meno di rilevare l’assurdità di essere a tutt’oggi ancorati a soluzioni portuali con la necessità di dover fare i conti con il sistema Mose.
Hanno sbagliato a proporlo, la sua esecuzione non si sta rivelando una scelta felice, ma ancora non si è compreso che il Mose, che sarà comunque opportuno portare a termine per farlo entrare in simbiosi con gli interventi che propongo, per far proseguire l’arrivo delle navi durante l’esecuzione del porto off-shore. che solo quando concluso consentirà il collegamento alla rete viaria ordinaria della terraferma con tunnel sub lagunari. Bene che vada riferendomi alla funzionalità operativa del Mose, mi sento di affermare che potrà essere utile solo nella misura della pausa che l’evoluzione climatica ci vorrà concedere.
In realtà la questione della salvaguardia di Venezia è praticamente ancora oggi al punto di partenza.
Di conseguenza con le esperienze anche negative maturate delle quali tener conto, è mia opinione che si possa e si debba continuare nelle attuali attività marittime in attesa di nuovi sviluppi.
Si trovino soluzioni! Una esiste, potrebbe essere quella presentata dal sottoscritto e mai valutata.
In quest’ottica, rimanendo convinto della necessità dello spostamento del porto in mare aperto, devo sottolineare che pur giungendo da più parti negli ultimi tempi alla medesima convinzione, avverto l’opportunità di segnalare l’inadeguatezza su come vengono declinate tali convinzioni.
Nonostante si propongano le banchine ormeggio in mare aperto, gli scali portuali vengono indicati sempre all’interno della laguna, a Marghera!
Infatti, specialmente per le grandi navi mercantili, si indica un attracco in mare per poi inoltrare a terra il carico con imbarcazioni minori, siano chiatte o mama-vessel. Una spola senza fine, assolutamente antieconomica e in grado di incidere ancor più negativamente sull’ambiente lagunare, senza poter far a meno del canale dei petroli, e con la necessità di dover contare su una conca di navigazione che ha già dimostrato elementi critici.
La soluzione temporanea da me proposta, è stata concepita per offrire sicurezza e stabilità e per non dover subire variabili conducibili ai problemi che ben conosciamo riguardanti Venezia ed il suo ambiente, patrimonio dell’umanità, che in considerazione del loro indiscusso valore, avrebbero sempre la precedenza su altre misure che si rendessero per varie ragioni necessarie.
Dopo aver tracciato le linee generali di quanto ritengo debba essere eseguito, non ci si può limitare ad aspettare i vent’anni che ci vorranno, per vederle in funzione.
Di conseguenza auspico che le Autorità pubbliche locali si attivino con i Ministeri preposti per definire i molti aspetti del complesso problema Venezia. In tale attesa, da ciò che ci è dato percepire, è possibile che vengano a mancare tra non molto, le attuali ancora sufficienti condizioni ambientali che ci hanno garantito ad oggi quel livello di sicurezza indispensabile a mantenere operativa la complessa struttura portuale della nostra città.
Ecco la ragione per predisporre la serie di interventi che ritengo indispensabili a mantenere in vita il porto di Venezia, senza arrecare nuovi danni alla città ed alla sua laguna .
È mia ragionata opinione che gli interventi provvisori che propongo, siano tali da poter essere realizzati in breve tempo ed a costi ragionevoli.
Al punto in cui siamo, ormai tutti hanno compreso che il tempo a disposizione per mantenere in efficienza l’attuale ciclo produttivo legato al mare ed alle strutture di competenza sta finendo, e che verificandosi un peggioramento ambientale anche non tragico, si verrebbe a togliere ogni margine di recupero per Venezia e la sua economia. E se non si riesce a recuperare ora, a Venezia non rimarrà che un aleatorio turismo, altro che il ritorno di nuovi abitanti!
Perciò ho deciso di pubblicare nel mio sito internet , tra le altre notizie, anche la mia relazione “Nuovi interventi per ottenere la moderazione delle acque alte a Venezia in autonomia dal Mose”, dove indico come far continuare le attività portuali con maggior sicurezza e nel contempo influire positivamente sulle dinamiche idriche lagunari.
Chiunque, qualora ancor oggi volesse dare un giudizio sulla decisione presa a suo tempo di eseguire il canale dei petroli per continuare l’attività del porto come oggi la conosciamo, non potrà che convenire che si è dimostrata la più sostenibile, anche in considerazione di vederla proporre ancor oggi quale unica alternativa al passaggio delle navi crociera davanti a San Marco.
Ma ora, per le ulteriori variabili possibili, ritengo indispensabile sia affrontato il tema dei traffici marittimi con prospettive nuove, senza continuare con palliativi.
Si prenda atto che la continua ascesa della Cina è in grado di poter condizionare grandi settori economici in molte parti del mondo, mettendo però a nudo dei punti di debolezza dovuti alla dipendenza delle esportazioni, che essendo stato di necessità potrebbe toglierle forza contrattuale.
Anche l’Italia, coscientemente interessata, cerca ormai da parecchio tempo di promuoversi quale partner privilegiato per offrire le condizioni di stabilizzare con la così detta via della seta i traffici commerciali con i porti dell’alto Adriatico incluso ovviamente quello di Venezia.
In ciò vedo un problema che ci ostacola non poco. Essendo il nostro un paese molto frammentato nel decidere, non mi risulta sia riuscito finora a mantenere una linea continua nel contrattare le condizioni che di conseguenza ci sono state offerte al ribasso.
A questo punto ci si chieda perché mai tale trattativa con la Cina per risolvere al meglio la questione della via della seta, non viene affrontata assieme all’Europa?
Intendo in particolare con i porti del nord Europa ! È vero che tali realtà portuali sono potenti ed organizzate meglio delle nostre, ma vedessero concretizzarsi quanto si cerca di intrecciare con la Cina, è facile immaginare che non poche sarebbero le loro preoccupazioni.
Facciamo parte di una unione politica ed economica che avrebbe solo bisogno di convergenze e non riusciamo a cogliere l’opportunità di fare fronte comune per gestire i traffici navali con i mercati del far east. Tali mercati dovrebbero essere gestiti veramente in comune con gli altri porti Europei dividendosi oneri ed onori. Sempre ovviamente nel rispetto delle proprie autonomie da riservare al resto del mondo. L’occidente Europeo ha necessità della Cina, ma ci fosse una forte linea comune, sarebbe la Cina avendo più bisogno del nostro mercato, a dover bussare per chiedere.
Sul piano prettamente operativo l’accordo tra realtà portuali europee sarebbe in grado di offrire la possibilità di pianificare le movimentazioni delle merci e dei mezzi di trasporto, realizzando notevoli economie. Il risultato più interessante ed importante si otterrebbe però riattivando lo spirito che fu alla base della nascita dell’Europa unita e che attualmente risulta alquanto in declino.
Nel tornare in modo diretto sull’argomento Venezia, avverto la necessità di ribadire dei punti che giudico determinanti per affrontare e risolvere le prospettive della sua salvezza e sviluppo.
Quando nelle mie affermazioni sostengo l’opportunità di mantenere per un certo periodo in laguna le attività portuali, sono consapevole che l’andirivieni di navi non è certo l’ideale a mantenere al meglio l’ambiente così come sarebbe opportuno fosse.
Perciò sono spinto ad affermare con decisione che considero elementi determinanti nel valutare le misure necessarie per i traffici marittimi in laguna, il fatto che niente e nessuno possa ridurre le dimensioni delle navi ed il loro pescaggio e nessuna accortezza possa evitare di far percorrere il canale dei petroli alle navi dirette a Marghera ed a Venezia.
Prendendo atto di ciò, o si decide di far a meno del porto che conosciamo, oppure con oculatezza, si adattano i canali interni lagunari alle navi attuali. Affermazioni diverse sono solo velleitarie.
E con oculatezza, spero di essermi impegnato in proposte con le quali sono fermamente convinto di essere riuscito a fornire soluzioni in grado non solo di evitare nuovi danni alla laguna e ovviamente alla città con cui forma un unicum, ma di migliorarne lo stato di fatto, fornendo in tal modo maggiori margini temporali per pianificare al meglio la creazione del porto polivalente off-shore. Tale soluzione della quale ne ho ottenuto la proprietà intellettuale quale opera d’ingegno, è stata nel tempo presa in considerazione anche da quanti ne avevano saputo in precedenza informati ufficialmente dal sottoscritto, ma dagli stessi riproposta con modalità tali da renderne inadeguata l’esecuzione. Perché mai inadeguata?
Ma principalmente per il motivo di dover trasbordare dalle strutture off-shore le merci su delle chiatte nelle attuali strutture di Marghera, senza avere altra possibilità di accedervi se non attraverso la bocca di porto di Malamocco, di percorrere il canale dei petroli e in caso di difficoltà per le acque alte, attraverso la conca di navigazione ivi presente.
Salta agli occhi la inadeguatezza di tali prospettive operative!
Cavallino Treporti Maggio 2020
Gino Gersich
via Julia 21
30013 Cavallino Treporti Ve
tel.3339052807
e-mail gersichgino@gmail.com gersichgino@pec.it
http www.gersich.eu