n. 3 - Revisione con aggiustamenti di precedenti interventi riguardanti finalità, opere, prospettive, a corollario della scelta di Venezia quale porto Hub per l’Adriatico, così come indicato nel “Piano per la salvaguardia globale di Venezia e della sua laguna”

Quanto mi accingo ad illustrare non è da ritenersi solo strettamente funzionale all’esecuzione del porto off-shore così come dal sottoscritto prospettato davanti all’isola di Pellestrina collegato con tunnel sub lagunari alla terraferma, bensì da esso fatto discendere. Come avrò modo di indicare, si tratta di opere molto utili sia al rafforzamento delle funzioni precipue legate alla operatività del nuovo porto, sia di opere che potendo avere ragione di essere autonome, sarebbero in grado di generare il rafforzamento di un’economia a mio avviso propiziata in Venezia, per la posizione geografica e per le peculiarità del proprio contesto ambientale, sociale e culturale. Inizio con l’indicare che saranno valutazioni approfondite di molti aspetti, a dimostrare la valenza delle finalità delle opere e prospettive che andrò ad indicare, ed in quale misura sarà ritenuto opportuno affrontare, offrendo con ciò il mio contributo al confronto che mi auguro induca, specialmente i Veneziani, ad occuparsi di cose concrete. Fra le quali una dalla quale altre ne potranno dipendere, riguardante la dimensione delle strutture del porto off-shore che si riterrà di far sorgere.

Due le principali osservazioni a riguardo:

Si volessero ampie limitatamente per le operazioni di carico/ scarico delle merci, riservandosi di movimentarle in modo più appropriato quando giunte in terraferma tramite tunnel o se opportuno anche con chiatte, ed in tal caso si tratterà sostanzialmente di potenziare adeguatamente le strutture dell’attuale interporto di Marghera, con una pianificazione degli interventi in grado di sostenere il notevole aumento delle movimentazioni future. Per tali necessità gli spazi non mancheranno;

Si pensi solo al possibile anche parziale utilizzo di quelle aree che sarebbero dovute divenire le nuove zone industriali, oltre al recupero di molte altre ora sotto utilizzate, se non abbandonate.

Se invece, seguendo mie più recenti valutazioni, anziché limitarsi come già indicato originariamente, a sviluppare un’area portuale accostata a quella zona dell’isola di Pellestrina conosciuta come S.Maria del Mare che non riveste tra l’altro particolare ruolo, si ritenesse di realizzare al largo della costa una base ampia tanto da consentire non solo tutte le movimentazioni legate allo sbarco ed imbarco delle merci, ma pure l’approntamento sul posto dei mezzi di trasporto su gomma, da immettere dopo percorso il tunnel sub-lagunare nella rete autostradale della terraferma, resterebbe da dedicarsi a quelle merci e container che necessitando di una organizzazione logistica più complessa, verrebbero fatte giungere tramite tunnel, o via mare attraverso il canale dei petroli con opportune chiatte, nei piazzali deposito di Marghera per essere immessi al momento opportuno nelle linee ferroviarie e stradali, venendosi a creare un facile collegamento diretto con altri interporti che si rivolgono ai mercati del nord-est europeo formando in pratica un solo Hub continuo con Padova e Verona. Lo ebbi già ad affermare, l’intera regione ed il paese produttivo affacciati sul mare. Colgo l’opportunità, avendo poco sopra indicato il percorso alternativo e integrativo per porto Marghera con le chiatte, per mettere in evidenza la flessibilità e la sicurezza con cui far operare tali mezzi di trasporto venendo essi a navigare sottovento della diga foranea esterna che racchiude l’intera area portuale prima, e della diga voluta a protezione della conca di navigazione poi. Pur prematuro per prevederne i particolari, si può ipotizzare un varco attraverso quest’ultima diga, così da far trovare la conca di navigazione proprio in linea con la rotta delle chiatte, garantendo così il loro facile accesso in laguna anche quando in funzione le paratoie del sistema Mose. Completo con il suggerimento di poter far giungere le chiatte principalmente alle banchine in località Fusina, dove si ricevono attualmente i traghetti ro-ro, per i quali è ipotizzabile una collocazione nel porto off-shore. In pratica una rotta in sole acque protette, senza subire il mare aperto. Cercherò di spiegare altre ragioni che reputo valide per avvalorare l’ipotesi di questa nuova grande isola artificiale a protezione dell’area portuale. Isola da poter arrivare a stendersi per circa due/tre miglia parallela alla costa ad una distanza di circa due, che diverrebbe la diga al riparo della quale, nella grande rada/darsena che ne deriverebbe, si andrebbero ad insediare, seguendo le direttive degli operatori portuali, le banchine per le operazioni di carico/scarico, ed i piazzali nei quali sviluppare la logistica dell’approntamento dei mezzi terrestri di trasporto, per alcuni una volta con il carico a bordo da immettere subito in strada per la loro meta, per altri raggiungere le aree di stazionamento e smistamento dell’interporto di Marghera.

La rada sopraccennata, retrostante la diga a difesa dell’area portuale dal mare aperto, che fornirà con gli scavi necessari al raggiungimento delle profondità richieste, il materiale con cui si andranno a colmare i presumibili cassoni in cemento formanti le strutture emerse, dovrà essere ampia tanto da fornire ormeggi al suo interno a tutte le navi che le proiezioni future potranno indicare, comprese le “grandi navi” crociera attualmente al centro di polemiche.

Sulle considerazioni delle dimensioni di tale progetto, si tenga conto che sarà sempre possibile allargarsi a piacere, avendo margini per tutta la lunghezza dell’isola di Pellestrina, che verrebbe in tal modo anche protetta dalle mareggiate. Giudico opportuno una breve divagazione dall’argomento tecnico vero e proprio, anche se ad esso molto inerente. Siamo tutti abituati a vedere spesso reazioni di ostracismo da parte delle comunità che vengono interessate da opere di tale rilievo ma, quale discreto conoscitore del territorio, giudico che difficilmente ci potranno essere obiezioni di fondo non accomodabili. Si tratterà di compensare con alcune concessioni di varia natura, certamente vedendo gli abitanti di Pellestrina farsi certo e soddisfacente il loro futuro. Si consideri che la loro vita lavorativa è sempre stata dura e portata a continui spostamenti, visto che oltre alla piccola pesca lagunare ora pure in declino, non ci sono altre soddisfacenti fonti di reddito.

Tornando alla stretta valutazione inerente il porto off-shore, sempre con la cautela con cui è doveroso considerare le mie ipotesi, vorrei entrare nel merito dei collegamenti stradali che ora reputo più opportuni, essendosi realizzato il passante autostradale di Mestre. Nel mio “Piano per la Salvaguardia Globale di Venezia e della sua Laguna” così come indicato al momento dell’ottenimento della proprietà intellettuale quale opera d’ingegno, non esisteva tale opera, se ne parlava certo, ma sembrava si dovessero scegliere altre ipotesi, di conseguenza le soluzioni ora possibili con tale opera in funzione risulteranno più semplici, fornendo la possibilità di essere portate a termine in minor tempo e con minori costi. A mio avviso giudico opportuno indirizzare il percorso proveniente dall’area portuale off-shore quando usciti dai tunnel sub lagunari, verso il casello autostradale di Arino-Dolo, dove esiste il collegamento con tutto il sistema viario autostradale, compreso il passante di Mestre, che porta a collegarsi con tutto il Nord Est.

Un altro aspetto, tra i vari da prendere in considerazione con la scelta di approntare l’area portuale a ridosso della grande diga foranea al largo dell’isola di Pellestrina, riguarda l’opportunità di creare un nuovo terminal petrolifero fuori dalla laguna, come da tempo viene proposto, allestendo un bacino/darsena apposito e separato, di dimensioni tali per l’ormeggio delle maggiori petroliere che si riterrà di ricevere, in zona defilata rispetto alle attività dominanti nel nuovo porto.

Un oleodotto provvederebbe a raggiungere poi la destinazione a terra. L’ormeggio e permanenza delle petroliere nel bacino/darsena loro proprio durante le fasi di scarico, costituirà garanzia contro eventuali accidentali sversamenti, che rimanendo confinati sarà possibile controllare.

Una breve presentazione di vantaggi ottenibili a cascata con il nuovo porto mi è d’obbligo parlare.

Nella nuova rada/darsena alle spalle della grande diga foranea, potranno avere la loro base i mezzi navali delle forze di sicurezza, quali in particolare “Guardia Costiera e Guardia di Finanza” ora agli ormeggi nel centro storico di Venezia, senza dimenticarsi poi della flotta dei rimorchiatori dediti alle operazioni portuali, che dovendo essere movimentata per tratte molto minori, farebbe diminuire i costi di gestione e gli inquinamenti. Risulta evidente che tale rada/darsena, sarà in grado di propiziare lo sviluppo di una grande marina turistica per scafi di ogni genere di proprietari di mezza Europa, vista la facilità con la quale verrebbe raggiunta, creando le condizioni per lo sviluppo di un grande polo turistico. Non da ultimo, in tal luogo ottimale per posizione riparata e per qualità delle acque, potrebbe essere favorita la creazione di una struttura per l’allevamento di pesce pregiato.

Ritengo ora di parlare della metropolitana sub lagunare, da molti prospettata in varie formule nel corso degli anni e da me indicata nel mio piano quale elemento determinante anche per gestire il problema dell’affluenza turistica a Venezia, che lasciata senza piani di programmazione porterà ancor più al collasso la vita cittadina.

Per il percorso di tale sub lagunare, che iniziando dallo scalo aereo Marco Polo di Tessera e toccata dapprima San Giuliano e poi Fusina giungerà al nuovo porto off shore di Pellestrina, sarà opportuno evitarne l’intersezione con i canali portuali interni di Marghera, potendo a mio avviso mantenere un tracciato esterno a tali ostacoli, possibilmente in superficie.

Tale percorso diverrebbe l’asse portante su cui far convergere le movimentazioni non solo turistiche. E non mi riferisco solo alle utenze facenti capo ai capolinea del percorso, ma pure a quanti dovendo raggiungere la Venezia storica, devono ora passare sotto le forche caudine dell’unica porta di accesso alla città. Intasamenti, perdite di tempo, concentrazioni di inquinamento inverosimili, sempre possibili paralisi dovute alle più disparate cause, l’uso parossistico di mezzi acquei veloci che sconvolgono la laguna negli odierni collegamenti con l’aeroporto; Contro tutto ciò, si potrebbe in gran parte porre rimedio avendo a disposizione la metropolitana sub lagunare, unico modo per dirigere i traffici turistici verso nuovi varchi nella città ed esercitare all’occorrenza una qualche forma di selezione o anche di sospensione degli arrivi. Misure rese possibili solo con i terminal di San Giuliano e Fusina. Dal primo si accederebbe alla zona Nord Est di Venezia, giungendo al naturale capolinea dell’Arsenale, non senza poter toccare delle fermate intermedie rese possibili con l’utilizzo di notevoli spazi lungo il perimetro della città, mentre dal secondo si accederebbe alla zona Ovest giungendo al capolinea della Marittima-San Basilio.

Ed a questo punto, improvvisamente memore di una vicenda cittadina di qualche anno addietro, che ha visto la contrapposizione tra favorevoli e contrari alla creazione di un parco turistico a tema in località “sacca S.Biagio” situata nella parte terminale ovest dell’isola della Giudecca, ho ritenuto possibile una alternativa alla stazione di arrivo della metro nella attuale Marittima.

Ricordo di un’azienda leader nel comparto delle attrezzature turistiche disposta ad investire una notevole somma nel progetto del parco sopraindicato, e mi pare che non sia stato possibile un accordo essendo stati evidenziati dagli oppositori al progetto la complessità di movimentare i frequentatori del parco, dovendo servirsi di mezzi acquei.

Utilizzando però nelle forme dovute la metro, la faccenda sarebbe ben diversa.

Infatti con la metro facente capo a Fusina, sarebbe sufficiente prendere una direzione che anziché puntare alla attuale Marittima di Venezia, come previsto, puntasse su sacca San Biagio scelta per lo sviluppo del parco turistico a tema.

Con tale variante i vantaggi non sarebbero pochi potendosi progettare il capolinea non già nella attuale marittima, ma nel cuore di Venezia storica, alle Zattere, provenendo dalla Giudecca con una deviazione del percorso della metro in arrivo da Fusina.

Tali nuovi poli potrebbero a mio avviso, porsi veramente quali interessanti alternative logistiche, con formule che la sensibilità culturale e turistica dei Veneziani saprebbe individuare.

Ritengo la proposta a seguire che ho maturato dopo il 2005, anno della prima stesura contenente elementi della presente relazione ora ripresentata opportunamente modificata, possa essere a mio avviso giudicata meritevole di attenzione.

Dal sacro al profano. Così mi viene da pensare accingendomi a trattare il prossimo argomento. Con quanto ipotizzo si darebbe la possibilità di limitare l’afflusso di quelle masse turistiche spesso impreparate a godere del bene Venezia ma che stimolate e incuriosite si potrebbe contribuire non poco alla loro crescita, sviluppando in loro il desiderio di tornare nel futuro con altre aspettative. Molti avranno notato spesso una scarsa partecipazione dei visitatori nell’usufruire appieno di quanto li circonda in posti magici. Devo altresì ammettere che tale idea fu suggerita tempo addietro pubblicamente dall’allora Sindaco di Venezia Prof. Massimo Cacciari. Non mi riuscì di capire all’epoca, se si fosse trattato di una provocazione o, come per il caso degli stivali dal medesimo suggeriti quale rimedio contro l’acqua alta, la presa d’atto di semplici realtà. Fu indicata allora l’opportunità di realizzare a Marghera, una Venezia finta, costruita bene s’intende, tanto da soddisfare le esigenze di un visitatore poco preparato. Una sorta di Veniceland sul genere, per capirci, di quanto fatto a Parigi con Disneyland.

Senza aver potuto sapere se si fosse trattato di provocazione, mi sono reso conto della opportunità da cogliere sviluppando tale iniziativa. Fosse a Marghera oppure come proposto in seguito in sacca s.biagio alla Giudecca, per la presenza della metropolitana sub lagunare. Si tratterebbe di progettare un grande parco a tema, nel quale sviluppare un percorso che illustrasse la storia di Venezia, dalla sua nascita ai tempi nostri. Tutte le fasi storiche divulgate con la partecipazione di figuranti, con la descrizione visiva del procedere della sua costruzione, con le mille storie in grado di essere evidenziate non solo nei racconti, ma pure con brevi recite, per lasciare il posto a scene corali in grado di coinvolgere i visitatori in forma anche partecipativa. Ma anche creare in modo pur artefatto, l’ambiente tipico lagunare, con la presenza di pescatori, cacciatori, barche tipiche alle varie attività dedite, insomma riuscire a trasmettere lo spirito intimo di una città unica al mondo. Con le eccellenze che si potrebbero mettere in campo, solo pensando a registi, scenografi, curatori di effetti speciali e quant’altro, al visitatore non resterebbe che il desiderio vivo di visitare con attenzione la vera Venezia. E lo potrà fare preparato e disponibile ad una programmazione dei flussi responsabile e mirata ai suoi maturati desideri. Mi impongo di voler essere breve, ma non posso fare a meno di far notare che di uno stabilimento turistico si tratterebbe, in grado di sviluppare notevole occupazione, essere fonte di reddito, con il minino di incidenza negativa ambientale. Ne uscirebbe un polo turistico di eccellenza mondiale, con una qualificazione basata sulla cultura, diciamo pure popolare, ma sempre cultura.

Conto di affrontare ora un argomento che ebbi già a segnalare, per il quale il giudizio può essere totalmente positivo o negativo, anche se ne ebbe a dire un gran bene l’autorevole ex presidente dell’allora autorità portuale di Venezia dottor Boniccioli il quale, in seguito alla dirigenza del Porto di Trieste, ebbe modo di auspicarne pubblicamente la realizzazione.

Ricordiamoci della grande diga necessaria a creare alle proprie spalle la rada del porto off-shore.

Supponiamo di eseguire tale diga, certamente già di suo ben solida e spessa per fermare il mare, larga tanto da consentire di realizzare una pista aeroportuale, mica ci starebbe male, no!

Sarebbe sufficientemente lontana dalla costa per non essere contestata quanto ai rumori, avrebbe una disposizione nei riguardi dei venti quale quella del “Marco Polo” a Tessera, potrebbe seguire un piano di realizzazione autonomo senza dipendere dall’avanzare dei lavori del porto, la riterrei ottimale per gli aerei “cargo”, togliendoli dalla attuale base con ciò regalando al “Marco Polo” nuova operatività per gli aerei passeggeri di linea, venendosi a creare di conseguenza un connubio tra i servizi di trasporto via terra, mare, cielo, che non avrebbe uguali al mondo.

Pur senza escludere che possa essere realizzata in modo tale da servire anche quale pista di emergenza per i normali aerei di linea, si pensi alla ricezione di mezzi privati o di noleggio o per l’arrivo di personaggi per i quali si rendessero necessarie misure cautelari particolari, oltre ai velivoli dei possessori di panfili alla fonda nel porto turistico, che con tale servizio, farebbe aumentare la richiesta di ormeggio da ogni dove. Oltre tutto risulta nei piani futuri il non facile raddoppio dell’attuale pista dell’aeroporto Marco Polo di Tessera.

E tutto avendo Venezia a pochi minuti! Ciò detto, non posso che esternare ancora una volta la mia amarezza, quando leggo sulla stampa cittadina, che anche in recenti incontri pubblici con la partecipazione di politici e tecnici di varie discipline di chiara fama, non si riesce che a discutere del nulla. Si continua a battere il tasto delle grandi navi, di regimi idraulici lagunari, di equilibri ambientali perduti, senza fornire alcuna soluzione. Ritengo che tutto, e insisto tutto, andrebbe in gran parte risolto realizzando le opere che indico!

Una, la considerazione che ognuno può essere in grado di fare se intimorito dalle dimensioni degli interventi che propongo volendosi tranquillizzare. Si chieda se debbano ritenersi da evitare degli interventi, alla fine dei quali Venezia e la sua laguna saranno potute tornare alle auspicabili salvifiche origini? Questo è il traguardo che solo con i miei interventi ritengo possibile raggiungere. Ma dal momento che presumo non sarà inferiore a vent’anni anni il tempo necessario ad eseguire la mia idea progettuale qualora fosse deciso, non sarebbe cosa saggia nel frattempo, lasciare irrisolta la questione Grandi Navi, non ritenendo facoltà di alcuno continuare a far correre rischi alla città avendo a disposizione la soluzione del canale V. Emanuele-Tresse nuovo, con cui unitamente agli altri interventi ambientali integrativi, ho messo in risalto più volte aspetti che la rendono assolutamente migliore delle altre soluzioni transitorie ipotizzate.

Da non molto comunque, si è fatta strada la prospettiva di portare le grandi navi a Trieste. Ma se i notevoli investimenti necessari a mantenere l’attuale hub portuale a Venezia fossero in grado di garantire una loro autonoma ragion d’essere anche senza le navi, ecco che potrebbero essere destinati nel riproporre la mia vecchia idea della“ Venezia Futura”.

Si, tratta a mio modo di vedere, di offrire a Venezia l’opportunità di essere concepita, apprezzata e richiesta per gli argomenti e gli interessi dell’oggi, non solo offrendo il passato, valore che comunque verrebbe mantenuto e valorizzato proprio per esaltare due mondi molto diversi che messi a confronto diretto, forse riuscirebbero ad offrire la possibilità di una nuova visione prospettica.

E se le finalità di sviluppare nella Venezia storica quei processi umanistici da essere faro per l’umanità che spesso altrove fatica ad accendersi, quella che ho indicato essere la soluzione per sistemare le grandi navi crociera, fornirebbe l’occasione per una grande ed a mio avviso utile operazione, tale da risultare talmente interessante da poter ottenere un grande concorso finanziario e la partecipazione anche dei Veneziani che ne sarebbero avvantaggiati non poco.

Risulta nella logica degli investitori affrontare gli impegni finanziari derivanti dallo sviluppare un progetto, ottenere un ritorno economico attivo. Nessuno andrà a correre dei gravi rischi impegnandosi a realizzare a Venezia una nuova stazione marittima in grado di ricevere le nuove future navi crociera, avendo ormai ben chiara l’eventualità di dover lasciare tutto a causa dei gravi eventi climatici che probabilmente ci aspettano.

Ma avendo l’alternativa per poter utilizzare le nuove strutture portuali turistiche destinandole ad altro progetto di sicuro interesse anche economico, le prospettive cambierebbero.

Per chiarire quanto ho affermato, ritengo mi sarà sufficiente illustrare alcuni aspetti.

Ho cercato più volte, rivolgendomi ad istituzioni ed alla stampa cittadina senza ottenere interesse, di proporre una soluzione per risolvere il problema delle grandi navi.

Tale soluzione, integrata in una visione sulla salvaguardia di Venezia che mi vede impegnato da oltre vent’anni, prevede la collocazione del nuovo porto turistico e della relativa stazione marittima, alla fine del canale V.Emanuele 3° accostato alla attuale isola del Tronchetto. Con tale soluzione si darebbe risposta positiva a quell’esigenza che considera giustamente imperativo non influire ulteriormente in modo negativo sull’ambiente lagunare. A coloro che volessero conoscere le riflessioni che mi hanno portato alla soluzione sulle grandi navi, le troverà affrontate e visibili pure nel mio sito con il fine di renderle eco sostenibili.

E veniamo all’alternativa in grado di sostituirsi alle grandi navi nell’utilizzo delle relative strutture, richiamando alla memoria il mio sogno sulla Venezia Futura.

Si tenga in evidenza che la banchina approdo, che verrebbe a sorgere accostata sul lato nord ovest all’attuale isola del Tronchetto andando a confinare con la parte terminale del calale Vittorio E.3°, non risulterà inferiore a mille metri di lunghezza, con una larghezza da definire dopo avere considerato le necessità per l’uso alternativo dal sottoscritto ipotizzato. Tale notevole area si presterebbe, a mio avviso come poche altre al mondo, alla nascita di una cittadella sviluppata in verticale, tale da richiamare l’interesse dei migliori progettisti del mondo per presentare i loro progetti. Ma non basta!

La banchina approdo indicata per sviluppare tale progetto, potrebbe tranquillamente essere raddoppiata con l’utilizzo della prevista seconda banchina dalla parte opposta della darsena portuale essendone per ora prevista la sola funzione di barriera di contenimento dei fanghi.

Una accortezza da tenere in necessaria considerazione sarà di predisporre una piattaforma di appoggio tale da sostenere il peso delle costruzioni che non dovranno comunque superare una certa sostenibile elevazione. Non mi azzardo ad aggiungere altro a quelle che saranno le normali prassi costruttive di un così notevole intervento, ma tengo a mettere in evidenza la possibile convivenza di tale progetto urbanistico con l’uso di porto turistico per le navi crociera. Almeno per il tempo scandito dalle difficoltà che potranno emergere con l’aumento del livello marino.

Affronto brevemente lo stupore che potrà generare questa mia futuristica visione di Venezia, con il far notare che considero un aggiornamento intellettuale importante dare testimonianza dello scorrere del tempo. La storia ce lo evidenzia!

Altri, molto meglio di me, sapranno mettere in evidenza quante opere hanno saputo testimoniare le evoluzioni dell’uomo, certo con la scrittura , con la pittura e unitamente a tutte le altre arti anche con l’architettura. Perciò considero quanto da me proposto una fase evolutiva che non si limita a dimostrare se stessa, ma che proprio accostata a Venezia con tutto ciò che è in grado di testimoniare, potrà come un volume non solo storico, aver molto da insegnare.

E si badi che non un solo mattone sarà anche solo spostato; La città della storia rimarrà intatta!

Confortato dai notevoli esempi di amalgama che in altre città storiche hanno realizzato variabili che nel tempo sono divenute veri avanzamenti artistici, sono stato spinto ad ipotizzare una diversa modalità per facilitare l’arrivo dei turisti a Venezia.

Si prenda atto che chiunque, giungendo in qualsiasi località turistica del mondo non potrà aspettarsi che doversi spostare, nell’ambito della città meta del suo viaggio, con mezzi pubblici o privati.

A Venezia, città pedonale per eccellenza, non è da ritenersi strano doversi spostare a piedi. È così da sempre, oltre beninteso che servirsi dei mezzi acquei.

Purtroppo al momento non mi è possibile prospettare ipotesi che sto solo elaborando e che mi riservo prima o poi, di far conoscere.

Io, da buon veneziano, continuo a vederla la marea dei turisti che giunti a piazzale Roma, si mettono in marcia per Piazza San Marco e Ponte di Rialto.

Potranno avere anche altre mete, ma ovviamente non potranno derogare da quelle soprannominate.

Chiunque conosca Venezia o con sotto gli occhi una cartina topografica, non farà fatica a seguirmi nel percorso pedonale che propongo, alternativo agli altri tradizionali. Subito dopo San Basilio alla marittima, prevista stazione d’arrivo della metro proveniente da Fusina, qualora non fosse deciso di farla giungere in località alle Zattere dopo aver toccato sacca S.Biagio, sarebbe possibile, proseguendo con a lato sempre il canale della Giudecca, giungere alla punta della Dogana, prospettiva iconografica mondiale di Venezia, oltre a molte altre..

Percorso quanto mai suggestivo e reso facile per la sua linearità se non per la necessità di essere allargato in alcune strettoie, con opere abituali a Venezia.

Si tratterebbe con l’infissione di adeguata quantità di pali ad una regolare distanza dalla riva, di creare l’appoggio per il tavolato che dalla riva ai pali, andrebbe a formare una passerella per aumentare adeguatamente la larghezza della fondamenta (riva pedonale). Da tale punta della dogana, dopo aver ammirato il bacino di San Marco con il Palazzo Ducale e l’isola di San Giorgio, non rimarrebbe che tornare sui propri passi e, attraversato il ponte dell’Accademia, giungere in piazza san Marco. Ma se in alternativa, proprio a fianco della punta della Dogana, già nel canale della Giudecca, sorgesse dalle acque una appropriata struttura simile ad un pontile di pur discrete dimensioni o di altra suggerita dalla fantasia di in artista, che indicasse la stazione di un percorso in tunnel per rispuntare dalla laguna sulla riva degli Schiavoni, dopo aver valutato se più vicino a Piazza San Marco o all’Arsenale, come sarebbe da valutare?

Senza entrare nei particolari funzionali ed architettonici della soluzione che saranno adeguatamente vagliati ai massimi livelli, sarà opportuno considerare se consentire il tragitto in tunnel solo ai pedoni limitando l’uso di ascensori o di scale mobili alle fasi di accesso e uscita, oppure con adeguati mezzi di locomozione, poter eseguire la spola tra i capolinea del tunnel.

Pensare ad un percorso che iniziasse con la metro dal capolinea di Fusina, toccasse il parco a tema della Giudecca con arrivo alle Zattere, consentirebbe secondo la mia opinione, di ridisegnare la città col far cambiare gli abituali itinerari a buona parte dei visitatori, inducendoli alla frequentazione di località meno frequentate, per poi probabilmente tornare in terraferma dalla parte opposta con l’utilizzo della eventuale metro facente capo all’arsenale, andando a realizzare l’anello di congiunzione con il percorso inverso iniziante da San Giuliano.

Tutto questo ribaltone porterà ad una frequentazione più omogenea della città, che con il prevedibile e auspicato atteso sviluppo della parte nord est del sestiere di Castello, porterà a considerare il possibile diverso utilizzo del vetusto stadio sportivo Penzo alla estremità dell’isola quartiere di S. Elena, con la creazione in sua vece di un nuovo quartiere residenziale, concorrendo in tal modo a dare parziale soluzione al problema abitativo della città.

Progetto a mio avviso possibile a costi sopportabili!

Oltre a considerare un momento propizio per disporre dei notevoli finanziamenti che presumo l’Europa non ci farà mancare in presenza di un tale progetto strutturale globale, considero obbligata una riflessione anche sotto l’aspetto occupazionale. Gran parte del mondo economico indica che sarebbe opportuno tornare ad occuparsi maggiormente di quelle opere strutturali per rimettere in moto l’economia reale, in grado di andare incontro ai bisogni di quella larga parte della società produttiva meno preparata.

Le proposte che ho avanzato per Venezia, certamente risponderebbero anche a tale ottica.

Chiudo, accennando ad una eventualità che nessuno si augura possa mai presentarsi, ma contro la quale si dovrebbero nelle opere future, prendere delle precauzioni per non trovarsi impreparati.

Le previsioni climatiche, lo sappiamo tutti, prevedono l’aumento del livello dei mari pur non potendolo quantificare. Dei porti e dei servizi ad essi connessi, non solo non si potrà fare a meno, ma saranno sempre più indispensabili anche perché alcuni, e Venezia tra questi, saranno messi più in difficoltà di altri nell’utilizzo del proprio immediato retroterra. Perciò indico la necessità di elevare la quota operativa delle opere a contatto diretto col mare, così come la quota delle opere stradali che dai porti si diramano, in modo da raggiungere livelli di sicurezza per operare.

Precauzione che a Venezia non sarebbe difficile prendere con il progetto del nuovo porto off-shore.

Cavallino Treporti Ottobre 2020

Gino Gersich
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