Ritengo il mio “Piano”, indicato nella titolazione come “aggiornato” rispetto alla versione di cui ne ottenni la proprietà intellettuale quale opera d’ingegno nell’anno 1999 e che provvidi a divulgare a quanti ebbi a ritenere allora interessati, essere a tutt’oggi l’unico tra quanti fatti conoscere, in grado di fornire soluzioni per la salvaguardia e per il rilancio economico e sociale di Venezia, senza che siano in contrasto tra di loro.
Infatti la sicurezza della città, la salvaguardia dell’ambiente lagunare, lo sviluppo delle attività portuali unitamente al rilancio di una nuova economia green a Marghera, aggiungendoci la regolamentazione dei flussi turistici ed il problema abitativo con particolare riguardo verso le classi sociali meno abbienti, noto che mancano in modo organico quasi totalmente nella pianificazione della città che si dovrebbe progettare con quella visione d’insieme da cui essere guidati, senza la quale ci si troverà facilmente ad intervenire con modalità contrastanti.
Visione d’insieme a cui ho sempre mirato, guidato anche dalle conoscenze dell’ambiente lagunare e dalle competenze che ho potuto acquisire seguendo il lungo confronto pubblico.
Tengo comunque a sottolineare che la conoscenza diretta di molte situazioni critiche proprie di Venezia, vissute prima da residente o come da qualche anno a contatto diretto con l’ultima frontiera rimasta a testimoniare un passato ambientale che si è compreso doversi recuperare, mi hanno consentito di studiare e proporre interventi che possono essere programmati nel tempo senza arrecare ulteriori danni all’ambiente lagunare, ma anzi mirando ad utilizzare al meglio opere ritenute dannose, almeno per il tempo necessario ad eseguire quelle che oggi vengono finalmente ritenute il traguardo finale da raggiungere, vale a dire principalmente lo spostamento di tutte le attività portuali in una nuova struttura polivalente in mare aperto davanti al litorale di Pellestrina.
Traguardo essenziale e salvifico possibile da raggiungere a mio avviso, solo tramite un adeguato collegamento con la viabilità ordinaria della terraferma attraverso dei tunnel sub lagunari.
Non pochi, tra quanti da me resi partecipi oltre vent’anni or sono del mio piano, si presentano oggi con proposte che prevedono la fuoriuscita del porto in mare aperto, volendosi dimenticare che la soluzione da me presentata non lascia spazio ad atre che necessitano, pur con opportuno naviglio, di una continua spola attraverso la laguna, per lo scarico delle navi ormeggiate in mare aperto.
Questo significherebbe un notevole aggravio dei costi dovuto alla rottura dei carchi, la presenza di una sproporzionata flottiglia di imbarcazioni sempre in movimento per svolgere i loro servizi, inevitabili notevoli ingorghi alla conca di navigazione alla bocca di porto di Malamocco dovuti al presumibile frequente azionamento del Mose per l’intensificarsi delle acque alte, per manutenzioni o per i più svariati motivi, creando maggiori difficoltà di oggi.
Già nel mio piano originale, la collocazione del porto in mare aperto mi aveva consentito di indicare la notevole riduzione della soglia d’accesso della bocca di porto di Malamocco, al pari delle altre da raggiungere con la stesura di quei fanghi compatti e puliti forniti dallo scavo dei tunnel per il collegamento con la terraferma.
La notevole riduzione delle soglie d’accesso delle bocche di porto con l’apporto di fanghi in modalità tali da far assumere loro aspetti molto scabrosi, unitamente alla notevole riduzione della capienza idrica lagunare, da non confondere con l’auspicabile aumento della capacità espansiva del bacino lagunare, sono stati tra i fondamenti sui quali mi sono basato per proporre soluzioni contro le acque alte senza ricorrere alla soluzione Mose, contando di poter mantenere le modalità operative esistenti sotto controllo nell’attesa degli eventi futuri.
Ma così come la situazione climatica in corso di evoluzione lascia prefigurare difficoltà sempre maggiori nel prossimo futuro, devo riconoscere la probabile insufficienza attuale della mia alternativa di allora se lasciata sola, tanto da essermi impegnato ad affiancare al servizio del Mose una serie di misure in grado di poterlo attivare solo nei casi più gravi.
Che significa di poter valutare, nel rispetto di una serie di studiati parametri, la messa in funzione del Mose a seconda dei livelli di marea previsti di volta in volta, potendone disporre l’utilizzo parziale o totale così come lasciarlo a riposo ritenendo di poter contenere le alte maree “normali” con la sola nuova configurazione lagunare proposta.
Tale modificata configurazione lagunare dovrebbe a mio avviso, con l’uso delle sole naturali misure adottate, poter abbattere i livelli delle maree medio alte evitando l’azionamento del Mose.
Risulta evidente che saranno proprio gli “esperimenti”, già previsti ed iniziati, a fissare i parametri sui quali far riferimento per determinare la necessità dell’entrata in funzione del Mose.
Diciamo che una previsione di marea sostenuta, tanto da ipotizzare disagi e danni, dovrebbe poter essere affrontata con l’entrata in funzione del Mose ma potendosi escludere il sollevamento delle paratoie di Malamocco. Fossero previsti livelli di marea molto sostenuti se non eccezionali, si renderebbe necessaria naturalmente la messa in funzione anche di quest’ultime.
Diventa semplice a questo punto tirare alcune conclusioni.
Le movimentazioni di tutto l’apparato Mose sarebbero di gran lunga ridotte, comprese spese e usura, mentre con la notevole riduzione dei picchi di marea in grado di essere raggiunti con le misure che indico, si consentirebbe la funzionalità del varco della bocca di porto di Malamocco.
Potremo con ciò ben dire che il sollevamento contemporaneo delle paratoie in tutte le bocche di porto che consente di interrompere la comunicazione con il mare aperto, sarà meno frequente e di conseguenza più sostenibile.
Inoltre, potendo anche solo limitare di molto le chiusure alla bocca di Malamocco, sarà garantito pur sempre un buon ricambio di marea tra mare e laguna.
Tale affermazione, mi preme sottolinearlo, necessita di un chiarimento dal momento che potrebbe essere ritenuta in contrasto con quanto indico per la notevole riduzione dell’apporto di marea in laguna. Tale obbiettivo, non ottenibile attualmente con facilità data la scarsa reperibilità di fanghi con cui ridurre le soglie delle bocche di porto e la capienza lagunare a cui mi sono ugualmente impegnato con accortezze varie a porre parziale rimedio, verrà raggiunto in pieno quando disponibili i fanghi di risulta dello scavo dei tunnel per collegare il porto in mare aperto alla terraferma. Quando indico la necessità di minore capienza idrica in laguna, intendo che si verranno a determinare di conseguenza ridotti scambi con il mare.
Al contrario di quanto succede oggi con la laguna molto capiente, una sua notevole riduzione porterebbe a ridotti scambi con il mare da ridotte bocche di porto.
Quando viene sostenuta la necessità di un maggior apporto di marea da ampie bocche di porto veicolata da profondi canali, indicando con ciò il mantenimento di una laguna più viva e sana, si tende a mascherare la realtà per consentire la navigazione a navi sempre maggiori;
Altro che mantenere la laguna in condizioni migliori!
Pur essendo stato il primo a segnalare la necessità di eliminare il traffico navale dalla laguna, mi sono anche sempre posto l’obbiettivo di utilizzare al meglio le dannose opere eseguite nel tempo, trasformandole almeno in parte, in interventi moderatori delle eccessive dinamiche idriche lagunari.
Tali affermazioni mi inducono a delle considerazioni, che dovrebbero a mio avviso indurre i molti
che rifiutano ogni compromesso pur temporaneo, a guardare oggettivamente alla storia di Venezia, prendendo atto del pericolo costituito a volte dai dogmi.
Se dai tempi in cui si poteva finire condannati a pene severissime commettendo atti che fossero stati considerati dannosi all’ambiente secondo le leggi del momento, si è giunti a stravolgere l’ambiente lagunare rimanendo a guardare, perché mai si persevera ancor oggi senza voler almeno analizzare piani di intervento di lungo periodo in grado di indicare un percorso al termine del quale si verrebbe ad ottenere la laguna senza navi e riportata alle condizioni ideali ?
Nei piani di lungo periodo considero indispensabile non solo il trasferimento delle attività portuali fuori della laguna, ma pure integrare le funzioni del Mose con le opere che considero opportune per continuare nel frattempo a mantenere in vita Venezia. Intanto ci sarebbe modo di iniziare un dibattito che si ponesse l’obbiettivo di indicare cosa fare se la situazione peggiorasse ulteriormente. Potremmo essere laboratorio universale indicando concretamente le misure da attuarsi.
Il mio è solo un invito che intende evidenziare come sarà molto più difficile e complicato iniziare ad agire quando fosse già in corso un repentino pur non tragico collasso della situazione climatica.
Limitandomi a Venezia, alcune misure sarebbero proprio da iniziarsi a prendere almeno in esame.
Da nessuno ho mai a tutt’oggi sentito una parola che mettesse in evidenza i pericoli mortali ai quali si andrebbe incontro, pur con il sistema Mose perfettamente funzionante, qualora il mare, spianando anche in parte le attuali difese che per tutta la linea di costa che spesso da Chioggia a Jesolo non si presentano solide a sufficienza, si venisse a creare un picco di alta marea anche non eccessivamente superiore a quello del ‘66.
Parlo di picco di marea eccezionale, evenienza che si è compreso potrebbe divenire tragica realtà quando si venissero a creare certe condizioni di concomitanza di vari elementi parossistici che la natura continua a segnalarci, non certo di aumento del medio mare, che sarebbe ben altro.
Unitamente alla raccomandazione di aver preparato almeno degli studi dettagliati, non posso fare a meno di ripetere quanto indico da tempo.
Si continua ad ignorare, considerando il progressivo peggioramento delle condizioni climatiche, che si dovrà necessariamente evitare che nella evenienza di presumibili già viste prolungate attivazioni del Mose, si vengano a creare in laguna livelli di marea superiori a quelli in mare aperto, dovuti allo sfociare di alcuni fiumi e canali nella medesima, alla pioggia intensa per la bassa pressione ed agli intraferri tra le paratoie del Mose che nella loro somma tanto irrilevanti non sono.
Ebbi a definire tale evenienza, il Mose alla rovescia per far uscire l’acqua in mare per abbassarne il livello in laguna.
Sarebbe opportuno predisporre per tempo la deviazione dei corsi d’acqua ancora sfocianti in laguna, in nuovi autonomi percorsi in mare, o una loro confluenza in altri al pari diretti.
Per quest’ultimi interventi sarebbe da studiare la possibilità di predisporre delle chiuse per consentire tali deviazioni solo quando ritenute necessarie.
Per rimanere in linea con tali ultime indicazioni, si dovrebbe mettere finalmente fine alla insistenza con cui viene riproposto ancora oggi il completamento dell’idrovia Venezia-Padova, che oltre ai danni in grado di arrecare con le movimentazioni dei mezzi acquei nel loro tragitto lagunare per accedervi, con lo scopo dichiarato di voler porre rimedio alle frequenti inondazioni fluviali delle province di Venezia e Padova, andrebbero ad aumentare pericolosi livelli aggiuntivi in laguna .
Altro argomento su cui ritengo utile insistere, riguarda il modo di operare per ridurre l’apporto di marea dalle bocche di porto e la riduzione della sua velocità nei canali di grande navigazione lagunari, con esclusione del canale dei petroli da lasciare inalterato per consentire, fino a quando possibile, il passaggio delle navi e per il ruolo di equilibrare la diffusione della marea in tutta la laguna, quando in funzione il Mose alle altre bocche di porto, o quando a tali bocche sarà conferita una notevole minor portata di marea.
Attualmente per attuare quanto indico, esiste il problema della scarsa reperibilità di fanghi idonei allo scopo, cioè non contaminati e sufficientemente compatti.
È possibile rimediare? Ritengo di si, ma solo disponendosi ad accettare misure che pur non proprio ortodosse, possono dare risultati efficaci con la possibilità comunque di poter rimediare nel tempo.
Contando sulla mancanza di traffico marittimo di rilievo, con esclusione della bocca di Malamocco, si consentirebbe di intervenire con decisione alle altre bocche, specialmente in quella di Lido, la più influente nelle dinamiche idriche riguardanti il centro storico di Venezia, dove la pur notevolmente ridotta soglia d’accesso, consentirebbe il passaggio di scafi di ragguardevoli dimensioni.
Quali le indicazioni per ottenere tali risultati mancando in quantità sufficiente i famosi fanghi?
Si tratta semplicemente di rinchiudere in sacche di opportuno materiale, fanghi anche ricavati altrove oppure utilizzando sabbia del mare.
In tal modo si andrebbe ad eliminare il dissolvimento dei fanghi qualora fossero lasciati senza protezione, a causa delle correnti marine e delle turbolenze derivanti.
Inoltre si consentirebbe di tombare le non poche e profonde fosse formatesi in laguna a causa dei vortici dovuti all’interagire delle masse d’acqua.
Vero e proprio guaio, dal momento che tali fosse tendenti a formarsi principalmente nei pressi delle bocche di porto dove più violente si formano le correnti, renderebbero vano l’utilizzo di materiale libero da protezioni che andrebbe a dissolversi in breve tempo.
E proprio la presenza di tali fosse nei pressi delle bocche di porto, contribuiscono non poco ad accelerare le dinamiche delle maree che si inoltrano in laguna.
Tali accelerate dinamiche, sono certamente in grado specialmente in caso di acqua alta sostenuta, di spianare la stesura di notevoli quantità di materiale fangoso che fossero depositati nei fondali, che poi resesi livellati, andrebbero a perdere molto del loro potere dissipativo.
L’utilizzo delle sacche per ottenere lo scopo indicato, pur considerandola anch’io una prassi a cui sarebbe meglio poter rinunciare, ritengo sia accettabile a fronte dei risultati ottenibili.
Ad ogni buon conto, avendo cura di predisporre una mappa dei fanghi disponendoli in modalità tale da formare accumuli variabili per dimensione e distribuzione, si renderebbe possibile il loro eventuale recupero, quando si dovesse avere la disponibilità di utilizzare i compatti e puliti fanghi di risulta dello scavo dei tunnel per consentire di far comunicare il porto off-shore con la terraferma.
Nell’intento di fornire quanti più validi argomenti nel sostenere l’uso delle sacche, ricordo che si ebbe a proporre la stesura di uno strato di pietrame sui fondali alle bocche di porto.
Le scabrosità che ho indicato con lo scopo di far diminuire la velocità di marea, sarebbero in grado di svolgere il loro compito al meglio procedendo con ulteriori accortezze.
Faccio notare che la proiezione in mare delle dighe foranee alle bocche di porto, volute proprio per far aumentare la velocità dei flussi di marea onde tenere livellati i fondali asportando gli accumuli di sabbia, non avrebbero più ragione d’essere con la sospensione del traffico navale.
Con tale premessa intendo sostenere l’opportunità di stendere le sacche che ho indicate, iniziando pur vicino ai fari in testa alle dighe foranee, facendo presente che, onde consentire l‘accesso alle strutture portuali di Chioggia, sarà da considerare una loro più mirata distribuzione, iniziando a procedere non appena all’interno del bacino lagunare, con la formazione di una barriera soffolta disposta anche in più file distanziate, capace di rallentare notevolmente il flusso di marea. Mancando invece il traffico navale alla bocca di Lido, considero altamente efficace la stesura sui fondali di un susseguirsi di elevazioni fangose distanziate in parallelo tra loro da diga a diga.
Sottolineo, per il varco di P.Sabbioni, che tali elevazioni di sacche di fanghi potrebbe almeno alleggerire il problema ancora irrisolto della sabbia che intralcia non poco le manovre delle paratoie del Mose di tale varco.
La stesura delle sacche fangose disposte da diga a diga con la creazione di notevole dislivelli intervallati, consentirà di ottenere un maggiore rallentamento della velocità della marea a seguito della deviazione verticale impressa alle turbolenze formatesi a seguito dei dislivelli ottenibili.
Inoltre, tali dislivelli andranno a favorire il depositarsi della sabbia proveniente abbondante dagli accumuli a monte del Mose di P.Sabbioni, responsabili del suo malfunzionamento, con la facoltà della loro facile rimozione, essendo ben localizzabili.
Tutta sabbia da riportare eventualmente negli arenili balneari da cui proviene.
Superata poi la soglia d’accesso di P.Sabbioni e Lido si provvederà ad una stesura delle sacche fangose diversificata, tale da creare ostacoli e turbolente contrastanti per aumentare il rallentamento di marea, così come in precedenza ho avuto modo di illustrare
Intendo ora esprimere il mio parere sulla situazione generale riguardante la Salvaguardia di Venezia e sulle decisioni che la stampa riferisce prossime ad essere prese per porre rimedi.
C’è da prendere atto a tale riguardo, che da ben pochi altri, oltre i proponenti, giungono convinti segnali di gradimento per i progetti fatti conoscere.
Da tali proponenti, la soluzione provvisoria di portare due grandi navi crociera nella banchina nord del canale nord nella prima zona industriale a Marghera, viene sostenuto essere la migliore.
Al contrario, secondo mie valutazioni che ho sempre fatto conoscere, non lo risulta affatto.
Mi limito ad osservare che l’appoggio a tale soluzione non viene da chi interessato alle finalità dichiarate, dal momento che la stessa società incaricata della gestione del traffico delle crociere la rifiuta. L’appoggio viene invece da quanti, con altri dichiarati progetti per la medesima località non troppo condivisi dall’opinione pubblica, ritengono si possano creare opinioni più favorevoli ai loro piani, cercando nella realizzazione della nuova provvisoria marittima per due sole grandi navi, un lasciapassare per qualsiasi altro intervento.
Il tranquillo procedere di tale dibattito sembra comunque non creare eccessivi pensieri ai Veneziani, anche se sull’argomento è in corso l’ennesimo dibattito alla Camera, da cui dovrebbe emergere la volontà di incaricare una super commissione per decidere la soluzione definitiva fuori della laguna per ricevere le grandi navi crociera e le portacontainer transoceaniche.
È vero che parliamo di navi con dimensioni tali da renderle del tutto incompatibili con la navigazione in laguna, ma proprio per l’alto numero di passeggeri delle navi crociera e per i carichi eccezionali delle seconde, i tempi necessari ai relativi trasbordi a Venezia così come a Marghera, risulteranno molto più lunghi e complessi e di conseguenza antieconomici.
Ciò comporterà l’approntamento di una flotta di traghetti con costi iniziali e di gestione che non ritengo saranno sopportabili nel contesto delle odierne economie.
È necessario poi individuare il tragitto per i traghetti passeggeri, che posso assicurare andrà a porre non pochi ostacoli. Si escluda il canale dei petroli per la sua ristrettezza che non consentirebbe l’incrocio con altre navi pur di modesta stazza, che ne metterebbero a rischio la stabilità .
Rimane il canale di Malamocco, da non confondere con il canale Malamocco-Marghera alias dei petroli, da percorrere in direzione di Venezia seguendo la costa del Lido, fino ad imboccare il canale di S. Spirito, alla fine del quale è possibile virare a sinistra per quel percorso retro Giudecca che, pensate un po’, fu proposto a suo tempo per far giungere le grandi navi direttamente alla marittima entrando in laguna dalla bocca di porto di Lido, senza transitare davanti a S.Marco. Posso assicurare che i danni ci sarebbero, molti e gravi anche se percorso con i soli traghetti. L’alternativa non potrà essere che quella di mantenere la dritta e superato il canale di S.Spirito ed a seguire il successivo canale dell’Orfano, immettersi nel bacino di San Marco, là dove confluisce con il canale di S. Nicolo proveniente dalla bocca di porto di Lido.
Quanti conoscono la località potranno concordare sulla pericolosità di quel tratto lagunare, per il volume e tipologia del traffico con cui verrebbero a incrociarsi i traghetti in arrivo dalla bocca di porto di Malamocco, per giungere alla attuale marittima, dopo percorso il bacino di San Marco ed il canale della Giudecca. Da non commentare!
Come anticipato, ritengo opportuna una magari veloce rassegna delle opere da me proposte, in cui ho indicata la necessità della loro esecuzione per raggiungere gli obbiettivi che mi sono posto, con delle considerazioni sulla loro progressione esecutiva.
Rilevo che sono ormai 10 anni da quando un decreto legge ha imposto la sospensione del transito delle grandi navi nel bacino si San Marco e nel canale della Giudecca.
Tempo trascorso senza essere riusciti a trovare misure alternative concrete.
Ora la cittadinanza è stanca. Ma sappiamo tutti che la fretta è cattiva consigliera e che non sarebbe corretto, facendo leva sulle delusioni subite, cercare di far passare di tutto.
Improvvisamente saltano fuori le soluzioni, sia provvisorie che definitive.
Per le navi mercantili la soluzione definitiva non potrà mai ritenersi quella di portarle in un porto off-shore senza eliminare la dipendenza dal Mose.
Medesime considerazioni per le navi crociera che si vorrebbero sistemare al pari dei cargo nel porto off-shore, con l’aggravio di incidere negativamente nel centro storico di Venezia con le movimentazioni dei traghetti a far la spola per migliaia di passeggeri, nei percorsi descritti.
Su quest’ultimo aspetto, ritengo di dover escludere attualmente di doversi impegnare per le maxi navi crociera di ultima generazione, ritenendo più opportuno dirottarle a Trieste. Per le altre, continuare a farle entrare in laguna dalla bocca di Malamocco, far loro percorrere il canale dei petroli e, in prossimità del termine, virare a dritta nel progettato canale tresse nuovo. Dopo di che con l’adeguato canale V. Emanuele 3° giungere alla stazione marittima. Certo anche nell’attuale, ma specialmente per le navi maggiori, nella nuova marittima che ho prevista prima di impegnare il canale della Giudecca, accostata all’isola parcheggio del Tronchetto, dove non andrebbe a creare pericolose erosioni dei fondali come viene paventato. Infatti tale nuova marittima verrebbe a trovarsi prossima all’attuale zona di partiacque, dove la marea si espande dolcemente senza trascinamento di fanghi e che, nella misura in cui succedesse, andrebbero a depositarsi negli stessi fondali. E molti meno fanghi sarebbero finiti in mare se il canale dei petroli fosse stato eseguito con una cunetta ampia, come prassi vuole, tanto da avere un rapporto di tre ad uno nei confronti delle navi in transito, mentre con scarpate meno ripide spingendole ad inoltrarsi a lato del medesimo, l’onda di espansione e relativo riflusso sarebbe risultata notevolmente meno dannosa. Le mie osservazioni sul canale V. Emanuele 3° realizzato oltre cent’anni or sono, usato per i primi cinquanta quale unico percorso per giungere a Porto Marghera e per altrettanti poi lasciato inutilizzato, confermano che è rimasto praticamente inalterato, unitamente ai fondali circostanti. Comunque, torno a ripetere che tutti gli scavi che propongo così come altri già esistenti, opportunamente valorizzati, sono ritenuti nei miei piani come risorse da usare per concorrere alla salvaguardia della laguna.
Per chiarire le dinamiche di quanto ho già avuto modo di sostenere, si consideri che con la riduzione delle soglie d’accesso alle bocche di porto, unitamente alla stesura nelle modalità indicate di opere dissipative delle correnti marine, sarebbe possibile lasciare a riposo il Mose pur con acque medio alte ormai divenute frequenti, limitandosi ad attivarlo con acque alte più sostenute escludendo la bocca di Malamocco per la quale si dovrà operare con accortezza nei casi di marea eccezionale.
Per utilizzare in sicurezza le chiusure del Mose in modo parziale, mantenendo aperta la bocca di Malamocco, è necessario si debbano creare le condizioni per consentire senza danni la distribuzione uniforme della marea nella totalità del bacino lagunare.
Ed è proprio con il canale dei petroli, con il canale Tresse nuovo, con le canalette per agevolare la diffusione della marea oltre il ponte della Libertà, magari esaminando di far comunicare il canale Brentella nella prima zona industriale di Marghera con il bacino idrico di Lido, oltre al ripristino di tutti quei canali minori, in particolare nella laguna nord, che si otterrebbe di raggiungere l’obbiettivo di favorire il travaso di marea in eccesso, principalmente dalla laguna centrale alla laguna nord, per moderare le maree che andrebbero ad interessare il centro storico d Venezia.
Sarà possibile verificare di poter raggiungere tale risultato con proiezioni matematiche, che poi mi auguro potranno essere confermate dai cosiddetti esperimenti, ai quali si è iniziato a dar corso da parte del Provveditorato alle opere pubbliche.
Tengo a ribadire uno dei concetti fondamentali da cui sono stato guidato per consentire il proseguimento delle attività economiche legate al mare.
Con il sistema Mose, se utilizzato accortamente in simbiosi con le indicazioni fornite nelle mie tesi sulla salvaguardia di Venezia e della sua laguna, ritengo possibile la permanenza delle attuali attività legate al mare nell’attesa di consentire il loro spostamento fuori della laguna, in mare aperto.
Nessuno può negare che peggiorando ancora un po’ la situazione climatica, rimanendo senza far nulla, il porto di Venezia cesserà di essere.
E mica sarà possibile pensarci senza considerare i presumibili vent’anni necessari al realizzo della soluzione alternativa. Si dovesse decidere in una fase di evoluzione incalzante, le soluzioni alternative neanche saranno prese in esame perché il porto a Venezia già non ci sarà.
E dal momento che nessuno potrà mai rinunciare a salvare Venezia e il suo contesto ambientale, ci si troverà di fronte ad un doppio impegno: il salvataggio di Venezia ed il nuovo porto altrove!
Tutto ciò dovrebbe portare a considerare che un solo progetto per la salvezza fisica di Venezia ed il salvataggio del suo porto non potrà che risultare la decisione più avveduta, sia economica che strategica, potendo mantenere in vita anche un polo industriale che faccio fatica a vederne di simili nel nostro paese, e che la sua dismissione ci farà dipendere ancor più dalle economie altrui.
O dovremo sempre fare affidamento su una buona stagione turistica ?
Aggiungo che qualora si creassero le condizioni climatiche da molti in qualche misura paventate, coloro che nel mondo avranno almeno iniziato a predisporre soluzioni portuali adeguate, saranno in grado di poter affrontare le notevoli prevedibili difficoltà derivanti con maggior successo.
Tornando sulle misure da predisporre per le grandi navi nell’attuale momento, suggerisco, come opportunamente sembra stia confermandosi, di continuare con le modalità attuali entrando dalla bocca di porto di Lido, nel frattempo accelerare l’adeguamento delle opere per poter far continuare l’accesso in sicurezza da Malamocco e dopo percorso il canale dei petroli, attraverso il canale Tresse nuovo, giungere alle Marittime, l’attuale e la nuova, come già ho avuto modo di descrivere.
Realizzare la nuova marittima non potrà mai essere considerato un azzardo economico se per motivi vari non potrà più svolgere il proprio ruolo, bensì potrà offrire quei preziosi spazi liberi che vengono ritenuti tanto strategici da vedere impegnate impropriamente forze politiche ed economiche per poterne avere a disposizione anche in località fortemente da sconsigliare.
Località nelle quali tutto potrebbe essere previsto ma non una concentrazione di mercati, alberghi e centri direzionali tra cisterne di carburanti in piena zona industriale, unitamente alle banchine per le navi crociera. Elementi in grado di soffocare le movimentazioni da e per il centro storico di Venezia oltre a creare occasioni di alto rischio.
Tutti progetti possibili da realizzare negli spazi della nuova marittima, in grado per la sua notevole dimensione, di far convivere in simbiosi realtà diverse ma per molti aspetti complementari.
E quando non fosse possibile mantenere in vita la stazione marittima, si aprirebbero prospettive per poter realizzare un’operazione immobiliare e urbanistica di livello mondiale, posizionata su livelli di sicurezza su un medio mare in aumento, con cui rimarcare l’attuale epoca storica accanto all’epoca storica trascorsa, senza alcuna ingerenza negativa.
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