PROGETTO “VENEZIA FUTURA“
Seguito del “Piano per la salvaguardia globale di Venezia e della sua laguna

di Gino Gersich
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La ragione primaria dei sostenitori del “ MOSE” e di quanti auspicavano un qualche tipo di chiusura regolamentata delle bocche di porto, consisteva principalmente nell’affermare che da tale misura ne sarebbe derivata la messa in sicurezza della città, con ciò mettendo in secondo piano la difesa, il mantenimento ed il ripristino della laguna, nonché le prospettive future economiche .

Ammetto ed è evidente a tutti che molto è stato fatto in questa direzione, ma il problema vero rimane un altro.

Sostengo, a mio modo di vedere, che pur si fosse potuto contare sulla esecuzione del Mose e dei cosiddetti “interventi diffusi”in simultanea,questi ultimi avrebbero avuto poco senso, in quanto da qualsiasi sistema di regolamentazione delle maree così come prefigurato alle bocche di porto con le profondità ed ampiezze necessarie a rendere agibile il porto a navi sempre più grandi, ne sarebbe derivato un aggravio della situazione finora creatasi.

Sono cose ben note, i movimenti delle enormi masse d’acqua dovuti ai grandi canali di navigazione, unitamente a dighe foranee così volute quando il problema era tenere libere le bocche di porto dagli interramenti dovuti all’apporto di sedimenti dai fiumi sfocianti in laguna, hanno creato una evoluzione della laguna e in particolare in quella centrale direttamente interessante Venezia, tale da aver reso inadeguate le stesse strutture portanti della città.

Ecco allora le continue palancolate sulle rive continuamente da rinforzare e appena sufficienti a contenere lo svuotamento dello strato di appoggio.

Allora chiediamoci quale senso abbia avuto sostenere un progetto di controllo delle maree, in particolare se irreversibile e dai costi enormi, per verificare poi che la soluzione da me proposta avrebbe consentito di utilizzare le risorse per rendere efficienti e duraturi gli interventi cosi detti diffusi perché ispirati, come nel passato a mantenere l’equilibrio ottimale alla città ed al suo ambiente naturale.

Nel peggiore dei casi, per problemi che avrebbero potuto sorgere da un eustatismo e bradisismo accentuati (su ipotesi attendibili nessuno può dirsi certo) il mio piano sarebbe stato certamente favorito, dal momento che impedendo il Mose di fatto l’attività portuale con la sua frequente attivazione e influenzando con ciò anche il ricambio delle acque fra mare e laguna, nessuno avrebbe potuto impedire un giorno altri opportuni interventi compatibili solo con il mio piano.

Infatti senza gli obblighi e le limitazioni portuali, con una laguna aumentata in estensione e ridotta nella capienza con il perseguimento della riduzione dei fondali e dei canali di navigazione, nonché protetta da tutta una serie di opere alle bocche di porto con le loro scabrosità in grado di dissipare la forza cinetica delle correnti marine, ci sarebbero state le condizioni per poter istallare tutto un sistema in formato ridotto di chiusure regolabili separatamente anche in tempi differenziati, facenti parte di una arginatura che, quale anello nell’immediatezza dell’entrata in laguna sarebbe andato ad interessare i vari canali che vi si addentrano.

E con ciò mi sono posto una domanda .

Era più opportuno che per Venezia e la sua laguna si mirasse alle condizioni ottenibili perseguendo generosamente gli obbiettivi dettati dal protocollo sugli interventi diffusi, oppure credendosi protetta dal Mose (o altri) restasse fragile ed indifesa così come la conosciamo?

Penso non ci siano dubbi; l’alternativa vincente era l’avere una città sana, continuamente sotto sorveglianza, con la possibilità economica di intervenire rapidamente al bisogno, protetta da una laguna ricondotta alle condizioni che ne hanno reso possibile la nascita e l’esistenza, prima che uno sviluppo recente non compatibile ci mettesse tutto l’impegno nel cercare di annientarla.

Ma, non potendo ovviamente tornare indietro e riconoscendo che il Mose è ormai in fase di ultimazione e che risulta tecnicamente a tutt’oggi, Maggio 2012, realizzato bene e velocemente, non resta che prenderne atto e realisticamente considerare questa realtà quale certezza per non incorrere in situazioni simili o peggiori di quelle passate.

Affrontare di conseguenza quanto contenuto nel mio piano o altri, aventi la finalità di completare la salvaguardia di Venezia anche con il suo necessario rilancio socio economico con alle spalle un sistema protettivo che eviti disastri, sarà certo una condizione di grande vantaggio.

Il Mose eviterà, in caso di eventi eccezionali, i peggiori guai immaginabili ma nulla può fare perché cessino le condizioni critiche che in modo esponenziale continueranno a minare la città tutta.

Perciò tutti dovranno d’ora innanzi applicarsi per individuare e promuovere delle iniziative atte a annullare i danni pur senza rinunciare alle attività economiche in senso lato, anzi rilanciandole per creare le condizioni di una Venezia Futura.

Problematiche che mi sono posto indicando tutta una serie di soluzioni nel mio “Piano per la salvaguardia globale di Venezia e della sua laguna“ del 1998 e del quale ne posseggo la proprietà intellettuale a norma di legge.

Piano che quale primo obbiettivo poneva la realizzazione del porto di Venezia fuori della laguna,sul litorale di Pellestrina iniziando da S.M.del Mare proseguendo in lunghezza e al largo in mare a misura ottimale aprendosi magari al mare con uno scavo per consentire l'attracco delle grandi future navi, utilizzando la sabbia di risulta per le colmate delle banchine e se di qualità adatta, fornirla alle località balneari sempre alla disperata sua ricerca; oppure spingendosi al largo con un molo, su piloni per non influenzare la propagazione dell'onda di marea, e trovare maggiori profondità. Sul molo poi, con mezzi idonei a mò di nastro trasportatore, si inoltreranno velocemente i containers nell'area portuale..

Indirizzo al quale molti, da un po’ di tempo a questa parte, spesso mi sembra si ispirino per indicare le loro soluzioni. Sono tutte, a mio parere proposte parziali e pure controproducenti.

E lo sono sia dal punto di vista ambientale che da quello economico.

Si propone ad esempio la creazione del nuovo porto a San Leonardo.

Ma non si prendono in considerazione le comunicazioni stradali e ferroviarie (per le quali si potrebbe attingere al mio piano), ma resterebbe si un canale più breve ma pur sempre di dimensioni tali di riversare in laguna immense quantità d’acqua da una bocca di porto non certo di modeste dimensioni e che in ogni caso dovrebbe pur con dimensioni ridotte, proseguire con l’attuale percorso fino a Marghera per servire i cantieri navali per il varo delle grandi navi e sempre con i limiti di far dipendere il porto dal funzionamento condizionante del Mose .

Avanporto a Punta Sabbioni.

Se si ipotizza per le sole navi passeggeri, pur rimanendo il grande problema della ristrettezza degli spazi a terra , delle zone protette con conseguente stravolgimento ambientale e con la mancanza di un retroterra in grado di far fronte alle movimentazioni necessarie al funzionamento di una struttura così importante stante la vocazione prettamente turistica che porterebbe i comuni interessati ad impedire nuove e trafficate strade, si potrebbe anche ipotizzare una soluzione che preveda di fare tutto su di un porto galleggiante. Dimensioni però che mal si concilierebbero con tutto!

Se aggiungiamo poi i danni e gli impedimenti che le movimentazioni conseguenti arrecherebbero alla città ed alla laguna, non vedo proprio il caso neanche di parlarne.

Senza commento l’idea di avere tutte le attività portuali lì concentrate!

Spostamento del porto in mare aperto, non importa a quale distanza dalla costa già ipotizzate in otto o venti miglia.

Si tratterebbe, non ci avessero pensato, di predisporre una flotta che di semplici zattere non potrà essere formata in quanto, in obbedienza a normative marittime restrittive in merito alla sicurezza, avrebbero stazze già di loro invasive per la laguna senza considerare il numero elevatissimo di traghetti necessari a vuotare una nave. Se poi entriamo nel tema dei costi che una procedura del genere comporterebbe, non ci vuole molto per immaginare magari un bel porto ma deserto, senza pensare alla forza lavoro che in più turni di servizio richiederebbe tempi, costi e difficoltà elevatissime a raggiungere il loro posto. Aggiungiamoci pure di dover disporre sempre di adeguati servizi di soccorso a mezzi e uomini e si tirino le conclusioni!

Questo veloce esame dell’aspetto legato alla salvaguardia della città e della laguna non deve però farci dimenticare che l’entroterra di Venezia, già cosi saturo di traffici di tutti i generi, richiede per qualsiasi soluzione si voglia dare alla creazione del nuovo porto, un intervento a lungo termine e programmato per innestarsi a quanto già previsto nella creazione di tutta una serie di opere stradali e ferroviarie che dovranno essere la spina dorsale dei grandi traffici utili all’Europa tutta.

Entro a questo punto nel merito di alcuni punti specifici fatto di priorità e perché no, di attese in modo di chiarire alcuni aspetti del mio piano.

È evidente che una delle priorità sia quella di mantenere in funzione i traffici passeggeri, senza i quali con l’indotto che creano, Venezia subirebbe un crollo economico, sociale e di prestigio.

Dal momento che soluzioni alternative alla Marittima , per vari motivi compreso il richiamo per i croceristi del godimento da un palco privilegiato della vista della città più bella del mondo, non sono possibili se non dopo la conclusione del Mose e la conseguente pianificazione di “Venezia futura” si dovrà solo scegliere se mantenere gli accessi delle navi così come ora attraverso il bacino di San Marco semmai aumentando le misure di sicurezza già in vigore, oppure con la creazione del proposto nuovo canale “Contorta S.Angelo” o con la modifica del canale “V.Emanuele “ giungere alla medesima stazione marittima in maggior sicurezza.

Saranno disponibilità economiche e i tempi a disposizione prima delle nuove scelte di indirizzo generale per il nuovo porto a dettare le condizioni di convenienza.

Certo continueranno i danni ambientali ma pur sempre rimediabili rispettivamente con il riportare alla situazione attuale i canali interessati all’ampliamento e con il lungo programma di intervento sulla città storica da farsi comunque e che poi avrà ben altri risultati sulla durata delle opere senza il passaggio delle navi.

Per toccare il tema dei tunnel come programmati nel mio piano nello svolgere la funzione di collegamento con il porto a mare e quale soluzione per andare incontro all’aumento del traffico stradale di attraversamento della provincia di Venezia sia per l’attuale rete che per quella in programma, non posso far a meno di richiamarmi oggi al tempo dei padri fondatori della città.

Così come hanno avuto l’ardire di usare le tecniche e le conoscenze di allora per mantenere l’equilibrio che allora serviva non è possibile che non ci siano oggi uomini di coraggio per mantenere con le conoscenze attuali l’equilibrio che oggi serve?

Quando si trattò di cercare alternative al passante di Mestre, una delle soluzioni proposte fu di scavare un tunnel sotto l’attuale tangenziale; si continua a proporre la metropolitana Aeroporto Murano, Arsenale di Venezia; si continua ad invocare il prolungamento della medesima fino al Lido;si propone un tunnel per congiungere il quartiere della Giudecca con Venezia/Zattere; si continua a volerne uno da Lido Alberoni/Pellestrina; si scavano una serie di trincee eccezionali per alloggiare i cassoni del Mose alle bocche di porto.

Cosa succede?

Coloro che invocano queste soluzioni quando fa loro comodo, sono i medesimi che paventano di incidere sulle falde acquifere o di far mancare alla città l’appoggio sullo strato di caranto sottostante quando devono opporsi a ciò che comodo loro non fa.

Non è finita!

Canale dei petroli, porto San Leonardo, bacini e canali portuali interni a Marghera, i grandi canali di navigazione che attraversano e circondano Venezia incidendola profondamente nelle sue parti più sensibili, tutto il reticolo dei canali lagunari divenuti eccessivi per effetto della troppa violenta movimentazione delle maree,le quali con il loro vorticare creano fosse profondissime; tutto ciò mai viene indicato come fattore di grave pericolo.

Venezia è unica ed irripetibile, la sua salvezza fisica deve accompagnarsi a considerazioni tali da generare un continuo confronto tra l’uomo e la sua evoluzione necessariamente in armonia con l’ambiente. Hanno eseguito nel passato lavori colossali per l’epoca e ci hanno consegnato una città perfettamente in salute, bisognosa solo della normale manutenzione.

Se in cinquant’anni siamo arrivati all’emergenza vuol dire che la qualità delle opere eseguite in epoca recente non sono state vagliate a sufficienza; l’evoluzione civile come è stata vissuta ha fatto danni in ogni dove sia chiaro, ma Venezia può e deve essere laboratorio di ravvedimento. Potremmo essere di esempio al mondo!

Per questo fine deve convincersi tutta quella schiera di persone che spesso in buona fede continuano tutt’ora, senza prendere atto dell’esistente, non già ad esaminare con lucidità quanto in alternativa , ma si limita a ostacolare ogni iniziativa.

Sono stato e rimango contrario all’ approccio avuto per risolvere il problema salvaguardia di Venezia, nondimeno oggi mi sento di considerare quanto fatto punto fermo sul quale contare per guardare oltre. Con il completamento del Mose dovrà iniziare tutta una nuova storia che richiede già da ora l’apertura di un confronto aperto e senza gli arroccamenti essi stessi motivo della persistenza di pesanti situazioni risolvibili.

Devono essere accettati reali progetti, sempre tutti con il loro costo, e non confuse soluzioni frazionate, slegate e pasticciate

Ponendo in evidenza, ad esempio, la proposta ambientalista di limitare notevolmente la profondità della bocca di porto del Lido, adducendo che il mancato passaggio delle navi passeggeri dirottate altrove ne renderebbe superflua l’attuale prevista dimensione, mi porta ad evidenziare che forse la decisione potrebbe portare ad esiti negativi in quanto non sono da escludersi formazioni di grossi vortici e turbolenze nella compressione repentina della enorme massa d’acqua che trovandosi un vallo improvviso sul suo percorso ne farebbe aumentare la velocità con una espansione verso la superficie piuttosto che verso i lati di un canalizzazione forzata dalle strutture del Mose.

Come principio, provvedere alla riduzione della portata d’acqua attraverso bocche di porto ridotte in dimensioni è giusto, ma da ottenersi come chiaramente ho indicato nel mio piano del 98, attraverso tutta una serie di opere dissipatrici atte a ridurre l’impeto della massa d’acqua che canalizzata e accettata da una laguna non più tale sarebbe travolgente, come è avvenuto da cinquanta e più anni e ancora prosegue.

Ma in una prospettiva che permettesse di raggiungere tale scopo, lasciamo procedere le attuali opere di regolazione delle maree così come previste, dal momento che quando non più necessarie nella loro dimensione sarà sufficiente incrementare le opere mitigatrici delle correnti marine con l’innalzamento delle soglie di accesso creando ai due lati longitudinali delle paratoie del Mose più valli fangosi( sempre in ogni caso modulabili con facilità) così da creare delle trincee innocue.

Colgo l’occasione dell’argomento in questione per segnalare un accorgimento che intendo proporre quale sostituto di quanto già da me brevettato e posto al vaglio, senza risultati, delle autorità preposte alla salvaguardia.

Nell’intento di avere un mezzo con il quale proteggere le coste delle barene dal loro progressivo disfacimento ho ideato un sistema di difesa costituito da moduli in materiale plastico simulanti i canneti da applicare sulle gengive ai lati dei canali interni lagunari, con caratteristiche di disegno e colore tali da renderli accettabili da un punto di vista ambientale.

L’accorgimento al quale mi riferisco è che vogliano (gli organi preposti alla salvaguardia di Venezia) sostituire le attuali burghe usate nel contenimento e difesa delle sponde delle barene con altre che utilizzino i fanghi nel riempire le sacche, per le quali potrebbe essere usato del materiale biodegradabile a tempo sufficiente a rendere compatto il contenuto.

Ritornando alle linee generali del mio piano e considerando, come ho fatto sopra , che le alternative proposte da più parti negli ultimi tempi sullo spostamento delle attività portuali dalla laguna per riportare la medesima al ruolo naturale di difesa della città, non propongono a mio avviso soluzioni accettabili per quanto riguarda i collegamenti, ritengo opportuno insistere sulla soluzione tunnel.

Intere città li utilizzano, anche su più livelli, per le loro metropolitane;

Le montagne di tutto il mondo sono attraversate da gallerie di ogni dimensione;

Sono passati sotto il canale della Manica per congiungere la Gran Bretagna al continente;

Si sta progettando un tunnel per unire il continente americano al territorio russo pur ignorandone tragitto, dimensioni e latitudine.

Ipotizzando due tunnel autostradali a due corsie per senso di marcia separati, ed uno utilizzabile per la ferrovia e la metropolitana alternate, si avrebbero tre canne di dimensioni moderate (non servirebbero “talpe“ eccezionali per lo scavo) che, analizzando i risultati degli esistenti tunnel in ogni dove, non dovrebbero dar problemi di sorta.

Si immagini, una città dove ancora si consumano le scarpe, dove si ode la presenza dell’uomo nella sua espressione più nobile, la parola; luogo di incontro a misura umana per tutto il mondo e nondimeno innestato in maniera totale alla dimensione che la civiltà moderna richiede per farne parte integrante in senso compiuto

Parliamo, avviandomi al termine, di finanziamenti.

Analizzando anche velocemente il problema, tale non sarebbe affatto,anche come verrebbe di pensare in periodi di crisi come gli attuali.

Questo che ho indicato, pur essendo nato come progetto per la salvaguardia di Venezia, in realtà è un progetto strutturale e strategico, non solo per lo sviluppo nazionale ma dell’Europa tutta.

Con un progetto così a lungo respiro, predisposto e definito da uno staff ai massimi livelli che il nome Venezia non avrebbe difficoltà a mettere insieme, sarebbe facile reperire i fondi necessari.

Fondi di investimento di varia natura, fondi sovrani, messa in vendita di porzioni dell’opera pur sempre sotto una governance che privilegi la città, finanziamenti europei in attesa solo di avere destinazioni serie e affidabili, recupero delle aree pregiate liberabili ecc.

Ribadisco ancora una volta che tutte le opere previste nel mio piano sono opere che si autofinanziano in quanto soggette a pedaggi e tariffe.

Il reperimento dei fondi non porrebbe altro ostacolo che selezionarne la provenienza!

Gli esecutori delle opere? Capofila ovviamente l’attuale “Consorzio Venezia Nuova” che con l’esperienza maturata sul campo non avrebbe competitori dello stesso livello nel mondo intero.

Per concludere mi auguro ancora una volta di poter innescare un dibattito sulle proposte avanzate che consentirà di ampliare e chiarire quanto espresso in forma succinta su “Venezia Futura” seguito del “Piano per la salvaguardia globale di Venezia e della sua laguna”.

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